i fanno i conti del processo ad Amanda Knox e Raffaele Sollecito. E spunta una spesa davvero folle: il Tribunale, infatti, ha liquidato 182.784 euro per un filmino di 20 minuti che ricostruisce la scena del delitto. E’ quanto risulta da questi documenti pubblicati in esclusiva da Tgcom24. Un video importante? Una prova fondamentale? Una ricostruzione decisiva? Macché: le immagini furono proiettate in aula, a porte chiuse. Ma furono ritenute irrilevanti a tal punto che non sono mai entrate nel fascicolo del processo.
La domanda allora è legittima: perché la Procura spende 182.784 euro per un filmato destinato all’oblio? La somma, fra l’altro, è piuttosto significativa: 10 volte il costo di un film come Paranormal Activity che ha sbancato i botteghini di mezzo mondo, più o meno quanto un programma tv di successo…
Commissionato il 2 aprile 2009 dai procuratori di Perugia Mignini e Comodi, il filmino della polemica è stato realizzato da una società di Todi, la Nventa Id srl utilizzando tecniche 4d. Il tribunale sperava forse di recuperare queste somme da Raffaele e Amanda, come dimostrano i verbali di noti tifica nel carcere di Terni e Perugia. E invece, i due ex fidanzati come è noto sono stati assolti. Risultato? Il costo esagerato di questo video ricadrà tutto sulle spalle dello Stato. Che non ha i soldi per pagare gli imprenditori che riforniscono le mense degli ospedali. Ma, guarda caso, versa senza batter ciglio 182mila euro per un video (inutile) voluto dai pm.
FONTE : TGCOM24
Questo blog vuole essere uno sfogo è una condivione di tutte le problematiche di quanti sentono la crisi sulle proprie spalle. Storie - News - Lettere - Racconti della rete
venerdì 27 gennaio 2012
martedì 24 gennaio 2012
Grazie Monti.
Siamo arrivati al fondo la gente noi tutti non riusciamo più a vivere una vita decente è allora è giusto che l'Italia si blocchi l'Italia di tutti un paese dove i costi per vivere sono diventati insostenibili.
Certo molti si lamentano per i disagi ma obbiettivamente nessuno è soddisfatto nessuna categoria tranne i ricchi ovviamente sono contenti di tutto ciò che si vive negozio che chiudono e cadono come formiche, le banche che non ti aiutano neanche se preghi in ginocchio e lo stato, lo stato ha pensato bene di incrementare la pressione fiscale aumentando carburanti energia tasse su tasse calpestando ogni dignità umana monti il tecnico ha fallito come hanno fallito tutti i suoi precedenti o per meglio dire il suo unico obiettivo e salvare l'Europa ignorando l'Italia.
Io spero che la situazione cambi ma davvero mi rendo conto che è davvero difficile che a queste condizioni qualcosa possa cambiare commentate con le vostre opinioni o con le vostre idee.
Certo molti si lamentano per i disagi ma obbiettivamente nessuno è soddisfatto nessuna categoria tranne i ricchi ovviamente sono contenti di tutto ciò che si vive negozio che chiudono e cadono come formiche, le banche che non ti aiutano neanche se preghi in ginocchio e lo stato, lo stato ha pensato bene di incrementare la pressione fiscale aumentando carburanti energia tasse su tasse calpestando ogni dignità umana monti il tecnico ha fallito come hanno fallito tutti i suoi precedenti o per meglio dire il suo unico obiettivo e salvare l'Europa ignorando l'Italia.
Io spero che la situazione cambi ma davvero mi rendo conto che è davvero difficile che a queste condizioni qualcosa possa cambiare commentate con le vostre opinioni o con le vostre idee.
lunedì 23 gennaio 2012
Cambiamento o Fallimento?
Stiamo ormai vivendo in un paese che cammina sull'orlo di un baratro, ma un baratro vero non quello che i nostri governanti cercano di spiegarci usando termini e paroloni che ingannano la gente comune e che sembrano essere una nuova lingua da studiare.
Quando mai abbiamo sentito parlare di Spread in Italia?????
Non sapevamo nenache cosa fosse nè avevamo la necessità di saperlo !!!Oggi l'Italia si ribella!!!
L'Italia di tutti!!!
Vogliamo e dobbiamo sapere per poter sopravvivere!
Se siamo messi così, vuol dire che realmente le cose vanno male, fare due calcoli è molto semplice : le piccole e medie imprese stanno ad un passo dal fallimento, i dipendenti se prima arrivavano a stento alla fine del mese adesso tra aumenti di spese vive come luce, gas ,acqua, benzina, generi alimentari si ritrovano a far fronte alla fame,idem per i pensionati che con i soldi delle loro già scarse pensione forse arrivano a pagarsi le spese di condominio o forse una bolletta di luce o di gas dando la priorità a quella piu urgente o prossima
alla scadenza.
E le nuove attività????
Sembra che non facciano in tempo ad avviarsi che già si organizzano per chiudere!!
Credo che alla base c'e uno scellerato bisogno da parte dei nostri governanti tecnici di far fronte alle politiche europee non rendondosi conto che non c'e bisogno di politiche a lungo termine ma di fatti che possano dare i frutti subito.
Io sono daccordo col privatizzare tutto, ma credo che ora non risolvi nulla!
Non è che aumentare il numero dei notai faccia aumentare la possibilità di acquistare case se le banche continuano a non concedere mutui se non a dipendenti statali ove venga portato in pegno un rene o un cuore, oppure aumentare le farmacie o aumentare i taxi se non ci sono i soldi per far si che la gente possa spenderli per queste cose.
Circoscrivere solo alcune categorie non migliora la nostra Italia!
Allora credo sia giusto che l'Italia si sblocchi che noi tutti ci blocchiamo e che qualcosa di concreto venga fatto a sostegno della gente normale che si sveglia la mattina con la voglia,la tranquillità e la dignità di poter lavorare. .
Quando mai abbiamo sentito parlare di Spread in Italia?????
Non sapevamo nenache cosa fosse nè avevamo la necessità di saperlo !!!Oggi l'Italia si ribella!!!
L'Italia di tutti!!!
Vogliamo e dobbiamo sapere per poter sopravvivere!
Se siamo messi così, vuol dire che realmente le cose vanno male, fare due calcoli è molto semplice : le piccole e medie imprese stanno ad un passo dal fallimento, i dipendenti se prima arrivavano a stento alla fine del mese adesso tra aumenti di spese vive come luce, gas ,acqua, benzina, generi alimentari si ritrovano a far fronte alla fame,idem per i pensionati che con i soldi delle loro già scarse pensione forse arrivano a pagarsi le spese di condominio o forse una bolletta di luce o di gas dando la priorità a quella piu urgente o prossima
alla scadenza.
E le nuove attività????
Sembra che non facciano in tempo ad avviarsi che già si organizzano per chiudere!!
Credo che alla base c'e uno scellerato bisogno da parte dei nostri governanti tecnici di far fronte alle politiche europee non rendondosi conto che non c'e bisogno di politiche a lungo termine ma di fatti che possano dare i frutti subito.
Io sono daccordo col privatizzare tutto, ma credo che ora non risolvi nulla!
Non è che aumentare il numero dei notai faccia aumentare la possibilità di acquistare case se le banche continuano a non concedere mutui se non a dipendenti statali ove venga portato in pegno un rene o un cuore, oppure aumentare le farmacie o aumentare i taxi se non ci sono i soldi per far si che la gente possa spenderli per queste cose.
Circoscrivere solo alcune categorie non migliora la nostra Italia!
Allora credo sia giusto che l'Italia si sblocchi che noi tutti ci blocchiamo e che qualcosa di concreto venga fatto a sostegno della gente normale che si sveglia la mattina con la voglia,la tranquillità e la dignità di poter lavorare. .
mercoledì 18 gennaio 2012
Costa Concordia Anomalia Italiana
Come in ogni circostanze tragica in Italia dopo che ci sono dei morti s’inizia discutere e a cercare soluzioni, ora mi chiedo, il comandante della costa concordia avrà fatto una miriade di errori sarà stato un vile ad abbandonare la nave con ancora persone a bordo ,ma questo lo valuterà la magistratura con un processo, la cosa, però più strana e che onestamente seguendo la rete e la TV non ho ancora sentito è il ruolo preventivo della Guardia Costiera e la Capitaneria di Porto.... a cosa servono ?????
Su internet spopola questa telefonata tra il comandante e la capitaneria di porto aimè non lascio commenti, ma la stessa Capitaneria con i suoi Radar o a occhio nudo come facevano i turisti, possibile che non abbia mai visto le navi da crociera passare cosi vicino al giglio, possibile che nessuno della capitaneria si sia prodigato di denunciare l'accaduto alle varie compagnia di navigazione, come può essere possibile che se un aereo dopo l'11 settembre cambia rotta di un millimetro si alzano in volo i caccia per rintracciarlo e se una nave con 4300 persone a bordo è a 250 metri dalla costa non se ne accorge nessuno????????
E se a bordo di una nave del genere ci fosse un pazzo che vuole farla schiantare contro un porto???
Non è possibile che debba morire sempre della gente per far si che le cose cambino in questo nostro paese, vorrei che ci fosse un giusto processo per il comandante che deve pagare per gli errori che ha commesso, ma un giusto processo anche per chi è preposto al controllo dei natanti in mare è che ha permesso questo tipo di navigazione che inevitabilmente avrebbe portato poi a un disastro come quello che ora stiamo vedendo.
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Su internet spopola questa telefonata tra il comandante e la capitaneria di porto aimè non lascio commenti, ma la stessa Capitaneria con i suoi Radar o a occhio nudo come facevano i turisti, possibile che non abbia mai visto le navi da crociera passare cosi vicino al giglio, possibile che nessuno della capitaneria si sia prodigato di denunciare l'accaduto alle varie compagnia di navigazione, come può essere possibile che se un aereo dopo l'11 settembre cambia rotta di un millimetro si alzano in volo i caccia per rintracciarlo e se una nave con 4300 persone a bordo è a 250 metri dalla costa non se ne accorge nessuno????????
E se a bordo di una nave del genere ci fosse un pazzo che vuole farla schiantare contro un porto???
Non è possibile che debba morire sempre della gente per far si che le cose cambino in questo nostro paese, vorrei che ci fosse un giusto processo per il comandante che deve pagare per gli errori che ha commesso, ma un giusto processo anche per chi è preposto al controllo dei natanti in mare è che ha permesso questo tipo di navigazione che inevitabilmente avrebbe portato poi a un disastro come quello che ora stiamo vedendo.
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lunedì 16 gennaio 2012
"Boom di fallimenti"
La crisi continua a mietere vittime nel mondo imprenditoriale italiano. Secondo gli ultimi dati sulle dichiarazioni fiscali (anno di imposta 2009) diffusi dal Dipartimento delle Finanze del ministero dell'Economia, il numero delle aziende che hanno chiuso o dichiarato fallimento è cresciuto rispettivamente del 52% e del 61%. In aumento anche le società in perdita (+37%).
Fonte tgcom24
Fonte tgcom24
La Nutella di Ferrero batte la crisi
La Nutella di Ferrero batte la crisi
La famosa Ferrero, proprio la società che ci delizia con la meravigliosa crema di nocciole Nutella, sembra non temere la crisi che affligge l’intera Europa. Anzi, la Ferrero Spa, filiale italiana della Ferrero International, nonostante il periodo difficile è riuscita a tirare le somme finali dell’anno 2011 con una crescita pari al 7% quantificabile ad un livello record di 2.502 miliardi di euro. Ciò che stupisce di più è sicuramente che questo tipo di crescita sia avvenuto in un periodo in cui la crisi a livello europeo non stenta a farsi sentire; ad ogni modo, il merito è dello stesso brand e della vasta offerta dei prodotti che mette a disposizione dei clienti.I prodotti Nutella della Ferrero
Se si osserva il volume di crescita dei prodotti messi in vendita negli ultimi anni si potrà difatti notare una presenta elevata di prodotti: dal classico barattolo di Nutella a quello con i grissini, dalle Tic Tac agli snack ed agli ovetti. Insomma, si può veramente dire che le cifre fanno impressione e per accorgersene basta osservare il mercato italiano della Nutella che conta l’86% dell’insieme delle creme spalmabili. Non da meno sono anche i cioccolatini come gli ovetti Kinder che contano il 15% ed i cioccolatini Raffaello, Mon Chéri, Pocket Coffee e Rocher che vantano il 36%.Passando a livello internazionale, i paesi dell’Unione Europea pesano meno sul bilancio dei ricavi della Ferrero; in particolar modo, si parla del 60% mentre del 10% nelle Americhe. Ma Ferrero cerca comunque di osservare anche gli altri mercati emergenti che suppone una crescita del 70% nei paesi dell’Europa dell’Est, dell’America Latina e dell’Asia.
domenica 15 gennaio 2012
IL VECCHIO SISTEMA E' FALLITO. RIPARTIAMO DA MERITO E BENESSERE
Jack London, nel suo libro "Il tallone di ferro" oltre un secolo fa, scriveva "(...) La società è divisa in tre grandi classi. Prima fra tutte è la plutocrazia, composta dai ricchi banchieri, dai magnati delle ferrovie, dai direttori delle grandi società e dai magnati dei trust; la seconda, la borghesia, la vostra, signori, comprende i grandi professionisti. Infine, la terza e ultima, la mia classe, il proletariato, formato dai lavoratori salariati. (...) Sul numero totale delle persone soltanto lo zero nove per cento appartiene alla plutocrazia; eppure la plutocrazia possiede il settanta per cento della ricchezza totale. La borghesia dispone di ventiquattromiliardi e gode del venticinque per cento della ricchezza totale. Resta il proletariato. Di tutte le persone che svolgono un lavoro, il settanta per cento appartiene al proletariato, che possiede solo il quattro per cento della ricchezza totale. Da quale parte sta il potere, signori?".
Sembra oggi, ma era il 1905. La nostra economia è vecchia prima di tutto perché è sostanzialmente identica, negli squilibri relativi alla distribuzione della ricchezza e negli squilibri di potere a questa associati, all'economia di oltre un secolo fa. Con la sola differenza che allora i lavoratori salariati erano in gran parte formati da operai, mentre oggi sono formati da impiegati. Ma con la stessa preoccupante tendenza a sottopagare il lavoratore medio e a strapagare i capi. Basti pensare come negli Stati Uniti si sia passati da un rapporto di circa 20 volte tra lo stipendio medio di un salariato e il CEO della stessa azienda, ad un rapporto di oltre 400 volte. Né fa eccezione a questo principio l'Europa che, pur se su rapporti inferiori, vede costantemente aumentare questo tipo di disparità anche durante gli anni di crisi.
L'attuale economia, così come quella di un secolo fa, retribuisce poco il lavoro e premia molto, troppo, i detentori di capitale. Nel 2010 e 2009 negli Stati Uniti i profitti delle imprese erano cresciuti di 528 miliardi di dollari mentre in parallelo i salari erano cresciuti di meno di un terzo: 168 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, in Germania i profitti delle imprese erano cresciuti di 113 miliardi di euro mentre i salari solo di 36. E in Inghilterra, addirittura i profitti erano cresciuti di 14 miliardi di euro mentre i salari erano diminuiti di 2. La vecchia economia della crescita continua, quando va in crisi tutela i ricchi attraverso rendite protette e relativamente poco tassate, e fa pagare il conto ai ceti medi e bassi. Mentre quanto riparte favorisce i già ricchi e lascia le briciole agli altri. E la vecchia economia, così come quella del secolo scorso alla fine degli anni '20, sta collassando soffocata dal peso di un capitale d'azzardo che, già nel 2008, valeva circa 2400 trilioni di dollari contro i 60 trilioni del PIL mondiale di quell'anno. Per ogni dollaro di economia reale quaranta dollari di scommesse speculative. Il capitale ingordo sta uccidendo sé stesso, in un paradosso per cui il denaro nel mondo non è mai costato così poco come ora, ma mai è stato così difficile ottenerne per lavorare e creare cose utili, vere, concrete. Ma questa economia della crescita continua ha prodotto anche un altro paradosso: quello di incrementare il PIL aumentando la diseguaglianza economica e sociale. Lo prova la crescita dell'indice di GINI in buona parte delle economie avanzate, così come in uno dei grandi protagonisti della globalizzazione, la Cina. Non solo, la vecchia economia premia sempre gli stessi: la mobilità sociale è in riduzione in molti paesi. La rendita (e le rendite di posizione familiari e patrimoniali) vincono sul merito e sul coraggio di chi ha solo l'intelligenza e la voglia di intraprendere dalla sua parte. Un bellissimo articolo pubblicato sull' Herald Tribune dello scorso 4 gennaio lo dice con grande chiarezza: il sogno americano di uscire dalla povertà nell'arco della propria vita, per raggiungere il benessere grazie all'intelligenza e al duro lavoro, è finito. Un americano che nasce povero ha il 70% di probabilità di morire povero. Mentre i paesi che danno a chi nasce povero la più elevata probabilità di raggiungere il benessere sono invece, un altro paradosso, proprio quei paesi Scandinavi che per anni abbiamo frettolosamente etichettato come "stati socialisti e assistenziali". E, guarda caso, quei paesi sono anche i luoghi in cui l'indice di GINI ha i valori più bassi (vale a dire società in cui la distribuzione del reddito è tra le meno diseguali). Tutti questi fatti, tutte queste evidenze, ci dicono che la vecchia economia non funziona più e che abbiamo bisogno di costruire un nuovo sistema economico. Che sia più giusto, più capace di premiare il merito e punire la rendita, e che non pregiudichi l'ambiente in cui viviamo consumando irresponsabilmente le risorse naturali. Per farlo, dobbiamo uscire dal paradigma della crescita continua per evolvere, usando le parole di un grande economista tedesco come Ernst Friedrich Schumacher il quale le scrisse già nel 1973, "verso un'economia della stabilità".
Un'economia della stabilità è un'economia che persegue prima di tutto l'equilibrio del sistema e la qualità della vita dei cittadini al suo interno, cercando di fare essenzialmente quattro cose sotto il profilo socio-economico: ridurre l'indice di GINI; aumentare il grado di mobilità sociale intragenerazionale (cioè la mobilità nell'arco di una vita); aumentare il tasso di occupazione; ridurre l'energia associata ad ogni punto di PIL prodotto (e dunque abbassare le emissioni di CO2). Questo è il nuovo modello a cui tendere. Un modello nel quale l'eventuale crescita è solo una subordinata e non un obiettivo a cui puntare. E che, se del caso, si deve generare soltanto grazie ad incrementi di produttività derivanti dall'innovazione e da un'imprenditorialità diffusa. Non certo grazie ad incrementi inflattivi dei fatturati delle imprese determinati dallo sfruttamento di rendite di posizione o di mercati a bassa concorrenza. Non è quanto si cresce, ma come, eventualmente, si cresce, a fare la differenza. Il danno fatto degli apostoli della crescita in questi ultimi anni risiede prima di tutto nel fatto di avere affermato una visione acritica dell'aumento del PIL, che non distingue tra aumenti viziosi e improduttivi di PIL (come sono appunto quegli aumenti di fatturato ottenuti dalle imprese che incrementano il prezzo della benzina approfittandosi della bassa concorrenza) da un lato, e gli aumenti virtuosi e produttivi di PIL (come sono i nuovi fatturati generati dalle, ahimè poche start-up italiane nei settori ad alta tecnologia) dall'altro. In una sorta di ossessione collettiva per il +%, in questi anni ci siamo dimenticati della qualità del PIL. E guardando troppo all'incremento, ci siamo scordati del suo intero. Come mai? Perché lo spauracchio della "crescita zero", agitato ad arte da una finanza debordante, prepotente e incosciente (come non guardare, invece, alle enormi scommesse speculative che, oggi, sono immesse nel sistema con un rapporto di almeno 1 a 40 sull'economia reale, e che sono un rischio sistemico ben più grave di una crescita zero), ci ha impedito di puntare lo sguardo nella direzione del vero obiettivo. Che non è la quantità del PIL ma la sua qualità. Il punto non è fare di più, ma fare di meglio. Occorre uscire da questa vecchia economia della crescita continua e della finanza ipertrofica che produce diseguaglianza e crisi socio-economiche violente e ricorrenti, e creare un'economia della stabilità che produce eguaglianza e benessere diffuso. Per farlo, dobbiamo definire gli obiettivi fondamentali di questa nuova economia. Ho provato a riassumerli qui di seguito, in un'ideale contrapposizione con quella vecchia. E questa contrapposizione lascio al giudizio dei lettori, invitandoli a schierarsi dall'una o dall'altra parte...
Sembra oggi, ma era il 1905. La nostra economia è vecchia prima di tutto perché è sostanzialmente identica, negli squilibri relativi alla distribuzione della ricchezza e negli squilibri di potere a questa associati, all'economia di oltre un secolo fa. Con la sola differenza che allora i lavoratori salariati erano in gran parte formati da operai, mentre oggi sono formati da impiegati. Ma con la stessa preoccupante tendenza a sottopagare il lavoratore medio e a strapagare i capi. Basti pensare come negli Stati Uniti si sia passati da un rapporto di circa 20 volte tra lo stipendio medio di un salariato e il CEO della stessa azienda, ad un rapporto di oltre 400 volte. Né fa eccezione a questo principio l'Europa che, pur se su rapporti inferiori, vede costantemente aumentare questo tipo di disparità anche durante gli anni di crisi.
L'attuale economia, così come quella di un secolo fa, retribuisce poco il lavoro e premia molto, troppo, i detentori di capitale. Nel 2010 e 2009 negli Stati Uniti i profitti delle imprese erano cresciuti di 528 miliardi di dollari mentre in parallelo i salari erano cresciuti di meno di un terzo: 168 miliardi di dollari. Nello stesso periodo, in Germania i profitti delle imprese erano cresciuti di 113 miliardi di euro mentre i salari solo di 36. E in Inghilterra, addirittura i profitti erano cresciuti di 14 miliardi di euro mentre i salari erano diminuiti di 2. La vecchia economia della crescita continua, quando va in crisi tutela i ricchi attraverso rendite protette e relativamente poco tassate, e fa pagare il conto ai ceti medi e bassi. Mentre quanto riparte favorisce i già ricchi e lascia le briciole agli altri. E la vecchia economia, così come quella del secolo scorso alla fine degli anni '20, sta collassando soffocata dal peso di un capitale d'azzardo che, già nel 2008, valeva circa 2400 trilioni di dollari contro i 60 trilioni del PIL mondiale di quell'anno. Per ogni dollaro di economia reale quaranta dollari di scommesse speculative. Il capitale ingordo sta uccidendo sé stesso, in un paradosso per cui il denaro nel mondo non è mai costato così poco come ora, ma mai è stato così difficile ottenerne per lavorare e creare cose utili, vere, concrete. Ma questa economia della crescita continua ha prodotto anche un altro paradosso: quello di incrementare il PIL aumentando la diseguaglianza economica e sociale. Lo prova la crescita dell'indice di GINI in buona parte delle economie avanzate, così come in uno dei grandi protagonisti della globalizzazione, la Cina. Non solo, la vecchia economia premia sempre gli stessi: la mobilità sociale è in riduzione in molti paesi. La rendita (e le rendite di posizione familiari e patrimoniali) vincono sul merito e sul coraggio di chi ha solo l'intelligenza e la voglia di intraprendere dalla sua parte. Un bellissimo articolo pubblicato sull' Herald Tribune dello scorso 4 gennaio lo dice con grande chiarezza: il sogno americano di uscire dalla povertà nell'arco della propria vita, per raggiungere il benessere grazie all'intelligenza e al duro lavoro, è finito. Un americano che nasce povero ha il 70% di probabilità di morire povero. Mentre i paesi che danno a chi nasce povero la più elevata probabilità di raggiungere il benessere sono invece, un altro paradosso, proprio quei paesi Scandinavi che per anni abbiamo frettolosamente etichettato come "stati socialisti e assistenziali". E, guarda caso, quei paesi sono anche i luoghi in cui l'indice di GINI ha i valori più bassi (vale a dire società in cui la distribuzione del reddito è tra le meno diseguali). Tutti questi fatti, tutte queste evidenze, ci dicono che la vecchia economia non funziona più e che abbiamo bisogno di costruire un nuovo sistema economico. Che sia più giusto, più capace di premiare il merito e punire la rendita, e che non pregiudichi l'ambiente in cui viviamo consumando irresponsabilmente le risorse naturali. Per farlo, dobbiamo uscire dal paradigma della crescita continua per evolvere, usando le parole di un grande economista tedesco come Ernst Friedrich Schumacher il quale le scrisse già nel 1973, "verso un'economia della stabilità".
Un'economia della stabilità è un'economia che persegue prima di tutto l'equilibrio del sistema e la qualità della vita dei cittadini al suo interno, cercando di fare essenzialmente quattro cose sotto il profilo socio-economico: ridurre l'indice di GINI; aumentare il grado di mobilità sociale intragenerazionale (cioè la mobilità nell'arco di una vita); aumentare il tasso di occupazione; ridurre l'energia associata ad ogni punto di PIL prodotto (e dunque abbassare le emissioni di CO2). Questo è il nuovo modello a cui tendere. Un modello nel quale l'eventuale crescita è solo una subordinata e non un obiettivo a cui puntare. E che, se del caso, si deve generare soltanto grazie ad incrementi di produttività derivanti dall'innovazione e da un'imprenditorialità diffusa. Non certo grazie ad incrementi inflattivi dei fatturati delle imprese determinati dallo sfruttamento di rendite di posizione o di mercati a bassa concorrenza. Non è quanto si cresce, ma come, eventualmente, si cresce, a fare la differenza. Il danno fatto degli apostoli della crescita in questi ultimi anni risiede prima di tutto nel fatto di avere affermato una visione acritica dell'aumento del PIL, che non distingue tra aumenti viziosi e improduttivi di PIL (come sono appunto quegli aumenti di fatturato ottenuti dalle imprese che incrementano il prezzo della benzina approfittandosi della bassa concorrenza) da un lato, e gli aumenti virtuosi e produttivi di PIL (come sono i nuovi fatturati generati dalle, ahimè poche start-up italiane nei settori ad alta tecnologia) dall'altro. In una sorta di ossessione collettiva per il +%, in questi anni ci siamo dimenticati della qualità del PIL. E guardando troppo all'incremento, ci siamo scordati del suo intero. Come mai? Perché lo spauracchio della "crescita zero", agitato ad arte da una finanza debordante, prepotente e incosciente (come non guardare, invece, alle enormi scommesse speculative che, oggi, sono immesse nel sistema con un rapporto di almeno 1 a 40 sull'economia reale, e che sono un rischio sistemico ben più grave di una crescita zero), ci ha impedito di puntare lo sguardo nella direzione del vero obiettivo. Che non è la quantità del PIL ma la sua qualità. Il punto non è fare di più, ma fare di meglio. Occorre uscire da questa vecchia economia della crescita continua e della finanza ipertrofica che produce diseguaglianza e crisi socio-economiche violente e ricorrenti, e creare un'economia della stabilità che produce eguaglianza e benessere diffuso. Per farlo, dobbiamo definire gli obiettivi fondamentali di questa nuova economia. Ho provato a riassumerli qui di seguito, in un'ideale contrapposizione con quella vecchia. E questa contrapposizione lascio al giudizio dei lettori, invitandoli a schierarsi dall'una o dall'altra parte...
sabato 14 gennaio 2012
Le lacrime della Fornero...e le nostre
(AGI) - Torino, 14 gen. - Il declassamento del rating italiano deciso ieri da Standard & Poor's e' stato "una vera sberla". Lo ha detto il ministro del Welfare, Elsa Fornero. "Noi quest'estate - ha aggiunto intervenendo alla presentazione di un libro di Emma Bonino - siamo stati in prossimita' di una crisi finanziaria che poteva vere conseguenze gravissime". "E' stato evitato il baratro? Non ancora - ha proseguito il ministro - c'e' un tira e molla: con la manovra abbiamo fatto un passo indietro dal baratro, ma non dipende solo dal Paese, ogni tanto qualche spinta arriva e ci butta di nuovo in avanti.
Quella di ieri e' stata una vera sberla, una sberla che rende piu' difficile il rapporto tra i diversi Paesi europei nel risolvere la crisi".
Quella di ieri e' stata una vera sberla, una sberla che rende piu' difficile il rapporto tra i diversi Paesi europei nel risolvere la crisi".
se fosse colpa della crisi il naufragio della costa!
Da stanotte mi chiedo come sia stato possibile un errore umano del genere quattro miglia marine equivalgono a circa 10 km mentre un miglio a circa 1,7 km, ora mi domando il comandante era a cena ma ovviamente c'era il suo secondo in sala guida si vedeva a vista che si era fuori rotta, non parliamo di metri ma di km e poi persone esperte sanno benissimo i rischi che si affrontano avendo quattro mila e più persone su un grattacielo galleggiante, mi faccio queste domande perche mi chiedo se la compagnia non abbia in un periodo come questo di crisi colpe nel cercare personale poco esperto e sotto pagato o nell'addestramento del personale, visto che tutti quelli intervistati hanno lamentato una scarsa preparazione e una disinformazione totale su cosa stesse succedendo.
Spesso pensiamo che le cose non accadano mai è poi invece quando succedono, siamo con i se e con i ma che non portano da nessuna parte se no una triste verità 3 morti 40 feriti e cinquantaquattro dispersi
aggiornamento fonte tgcom24:
" Sull'incidente della Costa Concordia un comandante di lungo corso che chiede di mantenere l'anonimato ipotizza: "O è avvenuto un black out, che ha fatto andare in tilt gli strumenti di navigazione, che sono molto sofisticati oppure c'è stato un errore di valutazione. Ma è tutto molto strano, il comandante è una persona molto esperta".
Spesso pensiamo che le cose non accadano mai è poi invece quando succedono, siamo con i se e con i ma che non portano da nessuna parte se no una triste verità 3 morti 40 feriti e cinquantaquattro dispersi
aggiornamento fonte tgcom24:
" Sull'incidente della Costa Concordia un comandante di lungo corso che chiede di mantenere l'anonimato ipotizza: "O è avvenuto un black out, che ha fatto andare in tilt gli strumenti di navigazione, che sono molto sofisticati oppure c'è stato un errore di valutazione. Ma è tutto molto strano, il comandante è una persona molto esperta".
Puo essere mai possibile??
Ma secondo voi può essere possibile che una nave come la Costa Concordia ultra moderna di nuovissima costruzione finisca su una secca in un tragitto che quelle navi percorrono in sostanza sempre proprio come uno di noi va dalla camera da letto al bagno!
Non voglio insinuare nulla ma mi sembra davvero tutto irreale.
Non voglio insinuare nulla ma mi sembra davvero tutto irreale.
Crisi finanza, l’Italia perde la A. Rating al livello di Perù e Kazakistan
Ecco dove anni di assurde politiche scellerate del nostro paese e dei nostri politici ci hanno portato, con tutto il rispetto per Il Peru e Il Kazakistan, ma è obbiettivamente la sconfitta economica più pesante per il nostro paese e per noi stessi, tenendo presente anche le diverse potenzialità che noi abbiamo sotto tutti i punti di vista, ma in realtà abbiamo il terzo debito più grosso del mondo.
La politica in tutto questo risponde cosi “un attacco all’Europa che richiede una risposta collettiva”..
Presumo che Monti piu di farsi bello con la Merkel inizi a pensare che se si è assunto questo impegno lo faccia per gli italiani e per l'italia e non per l'europa perche a casa sua i tedeschi non pensano certo a noi.
La politica in tutto questo risponde cosi “un attacco all’Europa che richiede una risposta collettiva”..
Presumo che Monti piu di farsi bello con la Merkel inizi a pensare che se si è assunto questo impegno lo faccia per gli italiani e per l'italia e non per l'europa perche a casa sua i tedeschi non pensano certo a noi.
venerdì 13 gennaio 2012
La crisi induce al suicidio, il comune di Barletta istituisce un numero verde
Per contrastare l’escalation di suicidi da parte di persone che stanno
vivendo un disagio esistenziale anche a causa della crisi, il Comune di
Barletta, nel nord barese, ha attivato un numero verde. La decisione –
informa un comunicato del consigliere regionale Pd, Filippo Caracciolo,
promotore della iniziativa – è stata presentata oggi nella sala giunta
del Comune di Barletta. Il numero verde – 800 188 805 – funzionerà come
un vero e proprio centro di ascolto a sostegno delle richieste di aiuto
provenienti da soggetti che stanno vivendo momenti di difficoltà.
L’iniziativa è stata promossa – si legge nella nota – «in seguito
all’escalation di suicidi che aveva raggiunto il picco massimo nel mese
di ottobre, ben quattro in meno di tre settimane». «L’istituzione del
numero verde – afferma Caracciolo – è un grande punto di partenza, non
c’è altra cità nell’Italia meridionale che abbia attivato un simile
strumento». Il numero verde sarà gestito da operatori dell’associazione
Demetra
La crisi economica genera un clima di ansia
Il timore che all'origine del drammatico gesto compiuto ieri dal 45enne
di Zané possa esserci anche la recente perdita del posto di lavoro
amplifica lo sconcerto delle parti sociali, che tornano a chiedere una
seria riflessione sulla situazione attuale e una generale assunzione di
responsabilità. «Gesti così estremi confermano il fatto che stiamo
vivendo in un clima di ansia e di crisi economica acuta in molte
famiglie - sono state le parole di Grazia Chisin della segreteria
provinciale della Uil - questo non fa che ribadire da parte del
sindacato la necessità di portare avanti un lavoro di mediazione
orientato alla tutela dei lavoratori. E il Governo deve mettere in campo
misure urgenti per contrastare questa crisi». «Non si può che provare
un grande rispetto e una profonda pietà umana di fronte a queste
tragedie - ha commentato Stefano Chemello, della Fim-Cisl di Thiene -
come non si può morire per lavoro, non si può nemmeno morire per la sua
assenza. Bisogna darsi da fare per sostenere chi perde l'occupazione e
favorirne il reinserimento». Punta sul valore identitario del lavoro
Maurizio Ferron, segretario generale della Fiom Cgil. «Perdere
l'occupazione non significa solo perdere una rendita economica;
significa soprattutto trovarsi esclusi da una rete di relazioni sociali e
vedersi privati del futuro. Categorie economiche, sindacati e politica
devono mettere al centro delle loro azioni il diritto al lavoro». Sulla
vicenda si sono espresse anche le parti politiche. «Alla famiglia
dell'operaio va la vicinanza dell'Unione di centro che rinnova
l'appello, più volte lanciato negli ultimi mesi, affinché si avvii una
riforma degli ammortizzatori sociali che tenga in debita considerazione
anche le piccole e medie imprese alle prese con la crisi». È l'appello
lanciato da Antonio De Poli, deputato veneto dell'Udc. «È l'ennesima
tragedia che si verifica nella nostra Provincia - sono le parole della
parlamentare vicentina del Pd Daniela Sbrollini - e che ci ricorda come
sia necessario tornare a mettere l'uomo al centro del mercato del
lavoro, ragionare sull'occupazione e sul sistema degli ammortizzatori
sociali
Fonte: Giornale di Vicenza
Fonte: Giornale di Vicenza
Pensate un po in mano a chi siamo!
La crisi era vicina, ma nessuno se n'era accorto. Dai verbali di otto
riunioni dei vertici della Federal Reserve nel 2006, divenuti pubblici
ora, si evince con chiarezza come i super esperti della Fed
sottostimassero i rischi legati al rallentamento del mercato
immobiliare americano.
Anzi: i membri della banca centrale americana ritenevano che un rallentamento
dell'immobiliare avrebbe potuto causare un calo dei consumi e dgeli investimenti, ma questo sarebbe stato però controbilanciato da altri punti di forza dell'economia.
Segnali
Nel 2006 i prezzi delle case negli USA cominicarono a calare. I documenti pubblicati - riporta il New York Times - mostrano il fallimento della Fed nell'identificare i pericoli dei mutui subprime per il sistema finanziario.
Il sistema terrà
"Ritengo che sia improbabile che assisteremo a un deragliamento della crescita a causa del mercato immoniliare" aveva detto - si legge nelle trascrizioni - il presidente della
Fed, Ben Bernanke nel marzo del 2006. Bernanke è arrivato alla guida della Fed nel febbraio 2006, al posto di Alan Greenspan, da molti considerato il responsabile della bolla immobiliare.
Le ultime parole famose
Nell'ultima riunione con Greenspan alla guida, Timothy Geithner, allora presidente della Fed di New York, disse rivolgendosi a Greenspan stesso: "Ritengo che le possibilità che in futuro penseremo di te meglio di quanto pensiamo ora sono più alte che il contrario". Geithner, nella prima riunione dell'era Bernanke, aveva anche aggiunto: "I prezzi delle azioni e gli sprea suggeriscono che c'è fiducia nelle prospettive di
crescita. le condizioni del sistema finanziario sembrano sostenere l'espansione".
immobiliare americano.
Anzi: i membri della banca centrale americana ritenevano che un rallentamento
dell'immobiliare avrebbe potuto causare un calo dei consumi e dgeli investimenti, ma questo sarebbe stato però controbilanciato da altri punti di forza dell'economia.
Segnali
Nel 2006 i prezzi delle case negli USA cominicarono a calare. I documenti pubblicati - riporta il New York Times - mostrano il fallimento della Fed nell'identificare i pericoli dei mutui subprime per il sistema finanziario.
Il sistema terrà
"Ritengo che sia improbabile che assisteremo a un deragliamento della crescita a causa del mercato immoniliare" aveva detto - si legge nelle trascrizioni - il presidente della
Fed, Ben Bernanke nel marzo del 2006. Bernanke è arrivato alla guida della Fed nel febbraio 2006, al posto di Alan Greenspan, da molti considerato il responsabile della bolla immobiliare.
Le ultime parole famose
Nell'ultima riunione con Greenspan alla guida, Timothy Geithner, allora presidente della Fed di New York, disse rivolgendosi a Greenspan stesso: "Ritengo che le possibilità che in futuro penseremo di te meglio di quanto pensiamo ora sono più alte che il contrario". Geithner, nella prima riunione dell'era Bernanke, aveva anche aggiunto: "I prezzi delle azioni e gli sprea suggeriscono che c'è fiducia nelle prospettive di
crescita. le condizioni del sistema finanziario sembrano sostenere l'espansione".
Spesi 640 mila in un solo giorno dei nostri soldi per nulla!!!!!!!!!!!!
Ieri sera sentendo le varie trasmissioni televisive sul caso Cosentino, ho iniziato a pensare che la cosiddetta casta della politica è realmente uno dei grandi problemi di questo paese persone che tra mille benefici pensano solo e soltanto ai cavoli loro e non parlo di destra o sinistra non se ne salva nessuno, e mi dicevo ma ieri il mio parlamento quello che rappresenta me e tutti gli italiani cosa ha fatto: NULLA se non decidere di non mandare in carcere una persona che già aveva il bagaglio pronto per Poggioreale ed è stato tirato fuori per i capelli ma ciò che è più sconcertante e questo in Italia abbiamo 630 deputati che secondo un piccolo calcolo approssimativo costano a noi italiani, circa 600 euro al giorno quindi vi faccio un semplice calcolo ieri lo stato ha speso 640 MILA EURO SEICENTOQUARANTAMILAEURO per decidere una cosa che riguarda una singola persona mentre il 75 % degli italiani non sanno come fare ad andare avanti, è calcolando che non è stato l'unico caso ricordiamo i vari Papa etc quanti soldi sono stati sprecati e quante ore di lavoro perse che potevano essere utilizzate per cose utili come l'interesse del nostro paese.
Senza pensare che a nessun italiano in questo momento interessa la sorte giudiziaria di nessuno, ma che si faccia qualcosa per risolvere i Veri Problemi di tutti noi.
Senza pensare che a nessun italiano in questo momento interessa la sorte giudiziaria di nessuno, ma che si faccia qualcosa per risolvere i Veri Problemi di tutti noi.
giovedì 12 gennaio 2012
Ma noi in tutto questo cosa c'entriamo????
Trovandomi spesso a discutere con persone di una certa età mi viene una rabbia nel vederli esaltare queste fantomatiche doti che il governo Monti nel combattere la crisi, fatto è che nessun politico abbia avuto il coraggio di alzare le tasse e intruderne delle nuove cose che Tecnicamente avrebbe saputo fare chiunque anche mia figlia di sei anni.
Per noi giovani è molto difficile pensare al futuro perché è già complicato pensare al presente che rivolgere il pensiero a una futura pensione sembra quasi inverosimile, però mi farebbe piacere che tutte quelle persone che nei decenni precedenti hanno cavalcato l'onda della prima politica, con favoritismi mazzette e guadagni facili abbiano almeno il rispetto di non lamentarsi perché se il debito del nostro amato paese è a questi livelli, non è certo colpa nostra ma ne paghiamo delle ingiuste conseguenze
Per noi giovani è molto difficile pensare al futuro perché è già complicato pensare al presente che rivolgere il pensiero a una futura pensione sembra quasi inverosimile, però mi farebbe piacere che tutte quelle persone che nei decenni precedenti hanno cavalcato l'onda della prima politica, con favoritismi mazzette e guadagni facili abbiano almeno il rispetto di non lamentarsi perché se il debito del nostro amato paese è a questi livelli, non è certo colpa nostra ma ne paghiamo delle ingiuste conseguenze
Crisi, sempre più 'scatolette' nel carrello della spesa: le sceglie una famiglia su due
Cambiano le abitudini alimentari degli italiani, sempre più 'scatolette' nel carrello della spesa. A preferirle sono soprattutto le famiglie 58% e i giovani 31%, ma anche gli anziani intenti a far quadrare la propria pensione. E' quanto emerge da una ricerca commissionata da Anfima (Associazione nazionale fra i fabbricanti di imballaggi metallici ed affini) e condotta da Linkom Research su un campione di 1.000 uomini e donne in Italia, che verrà presentata il prossimo 12 Giugno in occasione dell'assemblea annuale dell'associazione Anfima.
Se la crisi incalza, infatti, l'Adusbef prevede un aggravio sulla spesa alimentare di ben 564 euro all'anno, gli italiani la prendono in contropiede e modificano le loro abitudini d'acquisto. A partire dalla scelta di tempi e luoghi: Il 43% degli intervistati, infatti, opta per i grandi supermercati, il 37% per i discount, e solo il 14% resta fedele alla bottega sotto casa. Spesa settimanale per il 51% degli italiani, addirittura ogni quindici giorni per un altro 24%, mentre appena il 12% dichiara di fare i propri acquisti giorno per giorno.
Per il 48% degli intervistati si tratta di una questione di tempo, che fa preferire le 'spedizioni' una tantum alla spesa giornaliera. Per un altro 37%, invece, la scelta è sul fronte del risparmio di benzina per spostarsi verso i centri più convenienti, spesso non vicini a casa. E allora, è giocoforza che se si bada più al contenuto che all'aspetto del contenitore la scelta ricade su prodotti pronti, economici e a lunga scadenza come le conserve in scatola. Il 56% degli intervistati, infatti, dichiara di preferirli ai cibi freschi.
Sulle ragioni della scelta, gli italiani hanno le idee chiare: al primo posto c'è proprio il costo contenuto (39%), al secondo la durata maggiore degli alimenti (31%), per finire con la praticità di piatti pronti per il consumo (26%). Quanto alla scelta, la lotta sembra impari. Il 52% degli intervistati, infatti, in tempi di crisi punta sulle scatolette, mentre il 28% si dirige al banco dei surgelati, e solo 16% sceglie cibi elaborati cosiddetti 'ricettati'.
Anche qui i motivi della scelta sono chiari: secondo il 42%, infatti, i cibi in scatola sono sicuri e di qualità e consentono di avere in dispensa sempre una scorta pronta, mentre per un altro 35% sono più economici rispetto ai corrispettivi contenuti in tetrapak, vetro o ai prodotti freschi. E il risparmio a volte puo' arrivare a oltre il 45% come nel caso del tonno in scatola rispetto al suo omologo in vetro, o dei piselli con differenze di prezzo dai 2,00 ai 3,40 euro al Kg a seconda del tipo di imballaggio.
Ma c'è anche un 21%, che ne fa una scelta di valore ambientale: le scatolette sono infatti imballaggi ecosostenibili a impatto ambientale pressoché nullo essendo completamente riciclabili. Una scelta confermata dai dati del Consorzio Nazionale per il riciclo e il Recupero degli imballaggi in acciaio. Secondo il Cna, infatti, nell'ultimo anno quasi il 70% delle scatolette in acciaio immessi sul mercato sono stati avviati al riciclo, coinvolgendo nella raccolta differenziata il 78% degli italiani (43 milioni) sparsi in oltre 5.000 comuni.
Tra i prodotti in scatola più gettonati in questi mesi sicuramente il tonno con il 22%, tallonato dai pomodori pelati (20%) e legumi (19%). Ma nella lista anche new entry che parlano di un vera e propria rivoluzione dei consumi: dalla carne (11%) passando per piatti pronti come le insalatissime (10%) e i sughi (9%), il cambiamento dei gusti, tra l'altro è confermato dai dati industriali.
Secondo il presidente di Anfima, Lorenzo Pagani, "a seguito della crisi internazionale negli ultimi sei mesi abbiamo registrato, una contrazione sul fronte della produzione degli imballaggi metallici industriali e aumenti del costo della materia prima, ma siamo fiduciosi che sul fronte delle conserve alimentari, gli italiani con la crisi, apprezzeranno sempre di più le doti di sicurezza igienicità ed economicità delle scatolette".
Lo 'sdoganamento' della scatoletta è stato sancito anche dai grandi chef 'stellati' come Moreno Cedroni che nel suo atelier del gusto propone le sue creazioni migliori in versione inscatolata. Ovviamente, le scatolette firmate dai grandi cuochi non sono a buon mercato, ma rispetto a una cena al ristorante, la scatoletta seppur griffata e di lusso è di certo più economica.
Se la crisi incalza, infatti, l'Adusbef prevede un aggravio sulla spesa alimentare di ben 564 euro all'anno, gli italiani la prendono in contropiede e modificano le loro abitudini d'acquisto. A partire dalla scelta di tempi e luoghi: Il 43% degli intervistati, infatti, opta per i grandi supermercati, il 37% per i discount, e solo il 14% resta fedele alla bottega sotto casa. Spesa settimanale per il 51% degli italiani, addirittura ogni quindici giorni per un altro 24%, mentre appena il 12% dichiara di fare i propri acquisti giorno per giorno.
Per il 48% degli intervistati si tratta di una questione di tempo, che fa preferire le 'spedizioni' una tantum alla spesa giornaliera. Per un altro 37%, invece, la scelta è sul fronte del risparmio di benzina per spostarsi verso i centri più convenienti, spesso non vicini a casa. E allora, è giocoforza che se si bada più al contenuto che all'aspetto del contenitore la scelta ricade su prodotti pronti, economici e a lunga scadenza come le conserve in scatola. Il 56% degli intervistati, infatti, dichiara di preferirli ai cibi freschi.
Sulle ragioni della scelta, gli italiani hanno le idee chiare: al primo posto c'è proprio il costo contenuto (39%), al secondo la durata maggiore degli alimenti (31%), per finire con la praticità di piatti pronti per il consumo (26%). Quanto alla scelta, la lotta sembra impari. Il 52% degli intervistati, infatti, in tempi di crisi punta sulle scatolette, mentre il 28% si dirige al banco dei surgelati, e solo 16% sceglie cibi elaborati cosiddetti 'ricettati'.
Anche qui i motivi della scelta sono chiari: secondo il 42%, infatti, i cibi in scatola sono sicuri e di qualità e consentono di avere in dispensa sempre una scorta pronta, mentre per un altro 35% sono più economici rispetto ai corrispettivi contenuti in tetrapak, vetro o ai prodotti freschi. E il risparmio a volte puo' arrivare a oltre il 45% come nel caso del tonno in scatola rispetto al suo omologo in vetro, o dei piselli con differenze di prezzo dai 2,00 ai 3,40 euro al Kg a seconda del tipo di imballaggio.
Ma c'è anche un 21%, che ne fa una scelta di valore ambientale: le scatolette sono infatti imballaggi ecosostenibili a impatto ambientale pressoché nullo essendo completamente riciclabili. Una scelta confermata dai dati del Consorzio Nazionale per il riciclo e il Recupero degli imballaggi in acciaio. Secondo il Cna, infatti, nell'ultimo anno quasi il 70% delle scatolette in acciaio immessi sul mercato sono stati avviati al riciclo, coinvolgendo nella raccolta differenziata il 78% degli italiani (43 milioni) sparsi in oltre 5.000 comuni.
Tra i prodotti in scatola più gettonati in questi mesi sicuramente il tonno con il 22%, tallonato dai pomodori pelati (20%) e legumi (19%). Ma nella lista anche new entry che parlano di un vera e propria rivoluzione dei consumi: dalla carne (11%) passando per piatti pronti come le insalatissime (10%) e i sughi (9%), il cambiamento dei gusti, tra l'altro è confermato dai dati industriali.
Secondo il presidente di Anfima, Lorenzo Pagani, "a seguito della crisi internazionale negli ultimi sei mesi abbiamo registrato, una contrazione sul fronte della produzione degli imballaggi metallici industriali e aumenti del costo della materia prima, ma siamo fiduciosi che sul fronte delle conserve alimentari, gli italiani con la crisi, apprezzeranno sempre di più le doti di sicurezza igienicità ed economicità delle scatolette".
Lo 'sdoganamento' della scatoletta è stato sancito anche dai grandi chef 'stellati' come Moreno Cedroni che nel suo atelier del gusto propone le sue creazioni migliori in versione inscatolata. Ovviamente, le scatolette firmate dai grandi cuochi non sono a buon mercato, ma rispetto a una cena al ristorante, la scatoletta seppur griffata e di lusso è di certo più economica.
Vicenza, operaio disoccupato da mesi si uccide
È stata l'anziana madre, 84 anni, a scoprire stamane il cadavere del figlio, chiamando subito dopo i carabinieri. Gli accertamenti sono affidati ai militari dell'Arma di Zanè, secondo i quali è chiara la dinamica del suicidio. L'uomo custodiva regolarmente l'arma con la quale si è tolto la vita. (Ansa)
caos Italia e Monti...
Cari amici,
Aprendo i giornali osservando la tv e scrutando la rete ci rendiamo ormai tutti che gli italiani sono in preda a reali timori non riuscire a superare questo periodo di reale recessione, io che vivo la crisi con la mia piccola attività mi rendo conto che le abitudini di tutti noi sono realmente cambiate, le persone prima entravano al bar facevano colazione con cornetto e caffè ora scelgono o l'uno o l'altro, si è avuto un incremento sproporzionato della vendita di tabacco per sigarette, mi direte nessuno obbliga nessuno a fumare e anche questo è giusto ma non possiamo ovviamente sindacare un vizio se pur sbagliato, ci rechiamo al supermercato si spendono 50 euro e all'uscita ci accorgiamo di non aver comprato nulla, andiamo a rifornirci di carburante e ci rendiamo conto che i sontuosi 10 euro che mettevamo prima riescono a malo modo ad alzare quella tacchetta che ci avvisa di essere perennemente al rosso.
I negozi compro oro sembrano diventati tipo forni dove si vende il pane la gente si trova costretta a vendere ricordi di famiglia per far fronte a bollette e spese che incombono sulle famiglie.
Ci s’incontra al bar tra amici e non si fa altro che parlare di come le attività siano colpite da tutto questo si nota un calo nella richiesta di locali in affitto per nuove attività e nello stesso tempo quelli aperti stentano a pagare il canone di locazione, purtroppo parliamo della reale situazione in cui ci troviamo tutti piccoli imprenditori io spesso mi chiedo quando si parla di evasione, che ci sono commercianti onesti che vorrebbero pagarne tantissime di tasse vorrebbe dire aver guadagnato tanto, ma purtroppo ciò non accade e mi chiedo cosa è stato fatto per aiutare i piccoli e i piccolissimi come si può pensare che liberalizzare tutto serva a incrementare la crescita non posso sapere quale sia la ricetta giusta perché si ritorni a essere la Bella Italia che tutti ci invidiavano ma sicuramente in questo periodo non esiste un vero progetto di crescita e mentre i piccoli imprenditori, i pensionati, i dipendenti tutti non sanno come sbarcare il lunario oggi alla camera dei deputati si discute se far andare in carcere un onorevole.... lascio a voi commentare il tutto.
Aprendo i giornali osservando la tv e scrutando la rete ci rendiamo ormai tutti che gli italiani sono in preda a reali timori non riuscire a superare questo periodo di reale recessione, io che vivo la crisi con la mia piccola attività mi rendo conto che le abitudini di tutti noi sono realmente cambiate, le persone prima entravano al bar facevano colazione con cornetto e caffè ora scelgono o l'uno o l'altro, si è avuto un incremento sproporzionato della vendita di tabacco per sigarette, mi direte nessuno obbliga nessuno a fumare e anche questo è giusto ma non possiamo ovviamente sindacare un vizio se pur sbagliato, ci rechiamo al supermercato si spendono 50 euro e all'uscita ci accorgiamo di non aver comprato nulla, andiamo a rifornirci di carburante e ci rendiamo conto che i sontuosi 10 euro che mettevamo prima riescono a malo modo ad alzare quella tacchetta che ci avvisa di essere perennemente al rosso.
I negozi compro oro sembrano diventati tipo forni dove si vende il pane la gente si trova costretta a vendere ricordi di famiglia per far fronte a bollette e spese che incombono sulle famiglie.
Ci s’incontra al bar tra amici e non si fa altro che parlare di come le attività siano colpite da tutto questo si nota un calo nella richiesta di locali in affitto per nuove attività e nello stesso tempo quelli aperti stentano a pagare il canone di locazione, purtroppo parliamo della reale situazione in cui ci troviamo tutti piccoli imprenditori io spesso mi chiedo quando si parla di evasione, che ci sono commercianti onesti che vorrebbero pagarne tantissime di tasse vorrebbe dire aver guadagnato tanto, ma purtroppo ciò non accade e mi chiedo cosa è stato fatto per aiutare i piccoli e i piccolissimi come si può pensare che liberalizzare tutto serva a incrementare la crescita non posso sapere quale sia la ricetta giusta perché si ritorni a essere la Bella Italia che tutti ci invidiavano ma sicuramente in questo periodo non esiste un vero progetto di crescita e mentre i piccoli imprenditori, i pensionati, i dipendenti tutti non sanno come sbarcare il lunario oggi alla camera dei deputati si discute se far andare in carcere un onorevole.... lascio a voi commentare il tutto.
mercoledì 11 gennaio 2012
Famoso chef britannico arrestato mentre rubava al supermercato
Quando la crisi si espande investe tutti. E non è una banalità, se anche un famoso chef, non troppo conosciuto in Italia ma decisamente celebre in Gran Bretagna, viene sorpreso a rubare al supermercato.
Il suo nome è Antony Worral Thompson e annovera nel suo curriculum partecipazioni a programmi tv come Ready Steady Cook, pubblicazioni, la proprietà di una catena di ristoranti, il design di pentole e la pubblicità per delle salse. Nonostante tutto, è stato arrestato all'interno di un supermercato Tesco, per aver sottratto vino e formaggi.
Addirittura, dicono i tabloid inglesi, il famoso chef britannico sarebbe stato sorpreso a rubare ben 5 volte nel giro di 15 giorni, nel supermercato dell'Oxfordshire. I fatti risalgono al 22, 30 e 31 dicembre 2011 e al 5 e 6 gennaio del nuovo anno. Curioso che, in seguito all'arresto, l'imputato abbia accettato di pagare la cauzione richiesta per tutti i 5 crimini.
A incastrarlo pare siano state le telecamere, che hanno immortalato chef Thompson mentre utilizzava le casse self-service a suo piacimento, passando alcuni prodotti e omettendone altri. Si è parlato di oggetti di poco valore, ma la reiterata frode ai danni del supermercato ha costretto gli agenti ad arrestarlo.
Il brutto periodo di Thompson è cominciato nel 2009, quando la crisi l'ha costretto a chiudere 4 dei suoi ristoranti, licenziando 60 dipendenti e avviando le procedure per l'attestazione del fallimento. Insomma, non tutti i grandi sono usciti indenni da questo brutto periodo dell'economia mondiale.
Fonte ingusto.it
Il suo nome è Antony Worral Thompson e annovera nel suo curriculum partecipazioni a programmi tv come Ready Steady Cook, pubblicazioni, la proprietà di una catena di ristoranti, il design di pentole e la pubblicità per delle salse. Nonostante tutto, è stato arrestato all'interno di un supermercato Tesco, per aver sottratto vino e formaggi.
Addirittura, dicono i tabloid inglesi, il famoso chef britannico sarebbe stato sorpreso a rubare ben 5 volte nel giro di 15 giorni, nel supermercato dell'Oxfordshire. I fatti risalgono al 22, 30 e 31 dicembre 2011 e al 5 e 6 gennaio del nuovo anno. Curioso che, in seguito all'arresto, l'imputato abbia accettato di pagare la cauzione richiesta per tutti i 5 crimini.
A incastrarlo pare siano state le telecamere, che hanno immortalato chef Thompson mentre utilizzava le casse self-service a suo piacimento, passando alcuni prodotti e omettendone altri. Si è parlato di oggetti di poco valore, ma la reiterata frode ai danni del supermercato ha costretto gli agenti ad arrestarlo.
Il brutto periodo di Thompson è cominciato nel 2009, quando la crisi l'ha costretto a chiudere 4 dei suoi ristoranti, licenziando 60 dipendenti e avviando le procedure per l'attestazione del fallimento. Insomma, non tutti i grandi sono usciti indenni da questo brutto periodo dell'economia mondiale.
Fonte ingusto.it
.Avevano chiesto aiuto e si sono SUICIDATI!
Due pensionati si suicidano a Bari. Lui aveva perso il lavoro. Aumentano del 6% i suicidi come effetto della crisi
Per alcuni degli ultimi episodi mortali, accaduti durante le giornate natalizie, alcuni organi di informazione hanno parlato di “follia irrazionale di settori sociali impazziti dalla “astinenza” di non poter consumare/acquistare alcuni prodotti commerciali o vari gadget telematici etc…”!
La realtà, molto più semplice, ed è nell’assenza (questa sì), di un minimo sistema di tutela della propria condizione di vita. Questo è particolarmente grave e sentito dalle fasce di popolazione anziana, lasciata sola e con pochissimi mezzi di sussistenza!
Moglie e marito sono stati trovati morti a distanza di poche ore in due luoghi diversi di Bari Lei in un hotel e lui sul lungomare del capoluogo pugliese. La verità è che i due coniugi non avevano più nulla. La crisi aveva fatto perdere il lavoro (lui era un rappresentante di tessuti disoccupato), i 400 euro di pensione non garantivano la sopravvivenza quotidiana, la speranza era finita. Così l'uomo, 63 anni, ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita.
I numeri dei suicidi per la crisi dunque continuano a crescere. Solo nel 2009 in Italia c’è stato un suicidio al giorno per motivi legati al lavoro. L’Eurispes quantifica in 2.986 i suicidi con un aumento del 5, 6 % rispetto all’anno precedente. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone espulse dal mercato del lavoro (272 in valore assoluto), il 76% a fronte di 85 casi di persone in cerca di prima occupazione. Un altro indicatore della connessione tra aumento dei suicidi e crisi sono i suicidi per motivi economici, che - pur con tutte le difficoltà nel comprendere le motivazioni profonde di un gesto così assoluto - raggiungono sempre nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni con 198 casi, con una crescita del 32% rispetto all’anno precedente e del 68% rispetto al 2007. E il 2012 si annuncia ancora più terribile.
Per alcuni degli ultimi episodi mortali, accaduti durante le giornate natalizie, alcuni organi di informazione hanno parlato di “follia irrazionale di settori sociali impazziti dalla “astinenza” di non poter consumare/acquistare alcuni prodotti commerciali o vari gadget telematici etc…”!
La realtà, molto più semplice, ed è nell’assenza (questa sì), di un minimo sistema di tutela della propria condizione di vita. Questo è particolarmente grave e sentito dalle fasce di popolazione anziana, lasciata sola e con pochissimi mezzi di sussistenza!
Moglie e marito sono stati trovati morti a distanza di poche ore in due luoghi diversi di Bari Lei in un hotel e lui sul lungomare del capoluogo pugliese. La verità è che i due coniugi non avevano più nulla. La crisi aveva fatto perdere il lavoro (lui era un rappresentante di tessuti disoccupato), i 400 euro di pensione non garantivano la sopravvivenza quotidiana, la speranza era finita. Così l'uomo, 63 anni, ha ucciso la moglie e poi si è tolto la vita.
I numeri dei suicidi per la crisi dunque continuano a crescere. Solo nel 2009 in Italia c’è stato un suicidio al giorno per motivi legati al lavoro. L’Eurispes quantifica in 2.986 i suicidi con un aumento del 5, 6 % rispetto all’anno precedente. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone espulse dal mercato del lavoro (272 in valore assoluto), il 76% a fronte di 85 casi di persone in cerca di prima occupazione. Un altro indicatore della connessione tra aumento dei suicidi e crisi sono i suicidi per motivi economici, che - pur con tutte le difficoltà nel comprendere le motivazioni profonde di un gesto così assoluto - raggiungono sempre nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni con 198 casi, con una crescita del 32% rispetto all’anno precedente e del 68% rispetto al 2007. E il 2012 si annuncia ancora più terribile.
Lo Spreco, in tempo di crisi a Roma.
Roma 10 gennaio 2012 ore 18, 56
Mi trovavo in giro per Roma esattamente in viale Marconi, mi chiedo, come sia possibile che il nostro Caro Sindaco e quindi l'amministrazione comunale non abbia ancora notato che il natale è finito????
Guardando la foto capirete che parlo delle luminarie, Viale Marconi per chi non è di Roma è una via lunga circa 5 km che considerando i due lati fanno dieci, completamente illuminata a giorno con luci e decorazioni, quanti soldi vengono sprecati che potrebbero essere utilizzati invece per aiutare persone in reale difficoltà voi cosa ne pensate????
Se avete foto delle vostre città commentate ed inseritele.
martedì 10 gennaio 2012
Una famiglia di quattro persone in Italia ha subito una stangata di 10′850 euro.
1. Cono gelato +159,7%
2. Penna a sfera + 207,7%
3. Tramezzino al bar+198,7%
4. Pizza margherita + 93,5%
5. Sogliola al kg. + 84,4%
6. Biscotti frollini (1 kg) 1,50 3,20 113,3%
7. Lavanderia pantalone+ 109,4%
8. Caffè 2 pz x 250 gr + 136,5%
9. Pizza 4 stagioni + 84,1%
10. Jeans uomo (di marca) + 95,2%
11. Lotto giocata minima + 92,3%
12. Dentista (otturazione) + 54,9%
13. Patate al kg. + 80,6%
14. Riso arborio kg + 84,2%
15. Fettine di vitello al kg. + 58,2%
16. Pane in cassetta + 87,5%
17. Supplì cadauno + 123,9%
18. Cappuccino e brioche + 68,1%
19. Zucchine al kg. + 43,4%
20. Quadernone + 75,9%
21. Passata pomodoro (bottiglia) + 67,7%
22. Parrucchiere messa in piega + 63,1%
23. Minestrone surgelato + 64,4%
24. Lamette da barba + 65,6%
25. Saponetta + 66,7%
26. Panino al bar + 50,0%
27. Fette biscottate + 66,7%
28. Farina kg.1+ 57,9%
29. Candeggina lt 1 +64,3%
30. Confettura ai frutti di bosco + 68,4%
31. Yogurt alla frutta 2 pz + 26,2%
32. Tonno in scatola al kg. + 66,9%
33. Bagnoschiuma + 37,6%
34. Pane al kg. + 58,3%
35. Cereali da colazione + 58,5%
36. Quotidiano + 55,8%
37. Detersivo piatti lt 1 + 34,8%
38. Mele golden al kg. + 39,3%
39. Spazzolino da denti + 54,7%
40. Collant 40 denari + 57,1%
41. Uova confez. da 6 + 16,5%
42. Assorbenti con le ali + 55,7%
43. Dado 10 pz + 51,3%
44. Limoni al kg. + 35,0%
45. Bollettino cc postale+ 55,8%
46. Parcheggiatore abusivo + 94,2%
47. Latte fresco lt 1 + 25,0%
48. Pomodori pelati +96,9%
49. Sapone liquido mani + 51,3%
50. Crackers + 49,4%
51. Detersivo liquido lavatrice lt 3 + 64,4%
52. Polo di marca + 49,7%
53. Spaghetti kg.1+ 39,5%
54. Parrucchiere taglio donna + 48,9%
55. Nasello al kg. + 42,0%
56. Cipolla al kg. + 22,8%
57. Birra 0,66 cl + 45,6%
58. Caffè al bar + 34,3%
59. Olio di semi lt 1 + 46,0%
60. Scatoletta gatto grande 2 pz + 49,1%
61. Aceto balsamico + 35,3%
62. Penne kg.1 + 33,7%
63. Panna da cucina+ 37,9%
64. The + 40,6%
65. Dentifricio+ 34,3%
66. Sottilette 10 pz+ 33,3%
67. Prosciutto crudo al kg. + 26,2%
68. Miele liquido + 34,0%
69. Saponetta di Marsiglia + 40,8%
70. Gambaletti donna + 37,7%
71. Cacao in polvere + 44,7%
72. Biglietto autobus Milano + 94,8%
73. Bevanda gassata cola (1,5 l) +29,9%
74. Sale kg.1 + 48,9%
75. Aceto lt 1 + 42,9%
76. Basilico all’etto + 28,9%
77. Zucchero kg.1 + 22,4%
78. Olio extravergine lt 1 +40,4%
79. Parmigiano reggiano al kg. + 10,1%
80. Orzo + 23,4%
81. CD 2+ 9,2%
82. Pomodori pachino + 18,5%
83. Aglio al kg. + 39,5%
84. Ammorbidente lt 4+ 24,6%
85. Cinema biglietto ridotto + 33,2%
86. Banane al kg. + 36,0%
87. Tovaglioli carta (100 pz) + 27,3%
88. Carta igienica 10 rotoli +34,9%
89. Cioccolata da spalmare + 23,3%
90. Prelievo bancomat+ 17,6%
91. Camomilla + 15,7%
92. Pannolini conf. piccola + 18,3%
93. Shampoo + 21,2%
94. Deodorante stick + 33,7%
95. Cinema biglietto intero + 26,7%
96. Schiuma da barba + 13,8%
97. Omogeneizzati 2 pz + 11,2%
98. Burro 250 gr. + 25,5%
99. Francobollo posta prioritaria -3,2%
100. Mancia (minima) al ristorante + 96,1%
MEDIA AUMENTI: 54,1%
Fonte: Codacons
2. Penna a sfera + 207,7%
3. Tramezzino al bar+198,7%
4. Pizza margherita + 93,5%
5. Sogliola al kg. + 84,4%
6. Biscotti frollini (1 kg) 1,50 3,20 113,3%
7. Lavanderia pantalone+ 109,4%
8. Caffè 2 pz x 250 gr + 136,5%
9. Pizza 4 stagioni + 84,1%
10. Jeans uomo (di marca) + 95,2%
11. Lotto giocata minima + 92,3%
12. Dentista (otturazione) + 54,9%
13. Patate al kg. + 80,6%
14. Riso arborio kg + 84,2%
15. Fettine di vitello al kg. + 58,2%
16. Pane in cassetta + 87,5%
17. Supplì cadauno + 123,9%
18. Cappuccino e brioche + 68,1%
19. Zucchine al kg. + 43,4%
20. Quadernone + 75,9%
21. Passata pomodoro (bottiglia) + 67,7%
22. Parrucchiere messa in piega + 63,1%
23. Minestrone surgelato + 64,4%
24. Lamette da barba + 65,6%
25. Saponetta + 66,7%
26. Panino al bar + 50,0%
27. Fette biscottate + 66,7%
28. Farina kg.1+ 57,9%
29. Candeggina lt 1 +64,3%
30. Confettura ai frutti di bosco + 68,4%
31. Yogurt alla frutta 2 pz + 26,2%
32. Tonno in scatola al kg. + 66,9%
33. Bagnoschiuma + 37,6%
34. Pane al kg. + 58,3%
35. Cereali da colazione + 58,5%
36. Quotidiano + 55,8%
37. Detersivo piatti lt 1 + 34,8%
38. Mele golden al kg. + 39,3%
39. Spazzolino da denti + 54,7%
40. Collant 40 denari + 57,1%
41. Uova confez. da 6 + 16,5%
42. Assorbenti con le ali + 55,7%
43. Dado 10 pz + 51,3%
44. Limoni al kg. + 35,0%
45. Bollettino cc postale+ 55,8%
46. Parcheggiatore abusivo + 94,2%
47. Latte fresco lt 1 + 25,0%
48. Pomodori pelati +96,9%
49. Sapone liquido mani + 51,3%
50. Crackers + 49,4%
51. Detersivo liquido lavatrice lt 3 + 64,4%
52. Polo di marca + 49,7%
53. Spaghetti kg.1+ 39,5%
54. Parrucchiere taglio donna + 48,9%
55. Nasello al kg. + 42,0%
56. Cipolla al kg. + 22,8%
57. Birra 0,66 cl + 45,6%
58. Caffè al bar + 34,3%
59. Olio di semi lt 1 + 46,0%
60. Scatoletta gatto grande 2 pz + 49,1%
61. Aceto balsamico + 35,3%
62. Penne kg.1 + 33,7%
63. Panna da cucina+ 37,9%
64. The + 40,6%
65. Dentifricio+ 34,3%
66. Sottilette 10 pz+ 33,3%
67. Prosciutto crudo al kg. + 26,2%
68. Miele liquido + 34,0%
69. Saponetta di Marsiglia + 40,8%
70. Gambaletti donna + 37,7%
71. Cacao in polvere + 44,7%
72. Biglietto autobus Milano + 94,8%
73. Bevanda gassata cola (1,5 l) +29,9%
74. Sale kg.1 + 48,9%
75. Aceto lt 1 + 42,9%
76. Basilico all’etto + 28,9%
77. Zucchero kg.1 + 22,4%
78. Olio extravergine lt 1 +40,4%
79. Parmigiano reggiano al kg. + 10,1%
80. Orzo + 23,4%
81. CD 2+ 9,2%
82. Pomodori pachino + 18,5%
83. Aglio al kg. + 39,5%
84. Ammorbidente lt 4+ 24,6%
85. Cinema biglietto ridotto + 33,2%
86. Banane al kg. + 36,0%
87. Tovaglioli carta (100 pz) + 27,3%
88. Carta igienica 10 rotoli +34,9%
89. Cioccolata da spalmare + 23,3%
90. Prelievo bancomat+ 17,6%
91. Camomilla + 15,7%
92. Pannolini conf. piccola + 18,3%
93. Shampoo + 21,2%
94. Deodorante stick + 33,7%
95. Cinema biglietto intero + 26,7%
96. Schiuma da barba + 13,8%
97. Omogeneizzati 2 pz + 11,2%
98. Burro 250 gr. + 25,5%
99. Francobollo posta prioritaria -3,2%
100. Mancia (minima) al ristorante + 96,1%
MEDIA AUMENTI: 54,1%
Fonte: Codacons
Crisi economica, aumenta il numero dei suicidi tra imprenditori e disoccupati
Secondo la ricerca Eures in Italia ci sono stati 2986 casi, con un incremento che ha riguardato soprattutto la popolazione maschile (+5,6% rispetto all'anno precedente). Record in Veneto con 50 casi in tre anni
Si può morire impiccati al chiodo della crisi, avvelenati ad aspettare quella manciata di soldi che ti spettano, che magari non arriveranno mai. Denunciare i creditori? I tribunali ci mettono sette anni per arrivare a una sentenza definitiva, e poi intorno ti fai terra bruciata. Ragionava così Giovanni Schiavon, e intanto telefonava ogni due o tre giorni a quei creditori che avevano allungato i tempi di pagamento di altri mesi, forse anni. Privati ma anche tante amministrazioni ed enti pubblici che non lo riescono più a pagare.Giovanni Schiavon era un piccolo imprenditore edile come tanti nella zona del padovano, giovane e affidabile, serio e molto professionale: era proprietario della Eurostrade di Vigonza. Si è ucciso non per i debiti ma per i crediti che non riusciva a riscuotere, aveva crediti con enti pubblici per almeno 300 mila euro. Nel nordest sono tante le storie come quella di Giovanni: imprenditori alle prese con l’aziendina di famiglia, ma anche ristoratori, artigiani e dipendenti presi a calci dal loro stesso lavoro. Così suona cinico ma realista il titolo della ricerca dell’Eures “Il suicidio in Italia ai tempi della crisi” che ricorda tanto L’amore ai tempi del colera di Garcia Marquez. Qui però di romantico non c’è nulla: secondo i dati dell’istituto di ricerche economiche e sociali in Italia nel 2009 c’è stato un suicidio al giorno per motivi legati al lavoro. Nel solo Annus horribilis della crisi mondiale e in seguito al massiccio ricorso alla cassa integrazione da parte di tante aziende, secondo la ricerca Eures in Italia ci sono stati 2.986 suicidi con un aumento del 5, 6 % rispetto all’anno precedente, un aumento che ha invertito la dinamica decrescente degli ultimi anni.
L’incremento dei suicidi ha riguardato soprattutto la popolazione maschile (+ 5, 6 % rispetto all’anno precedente passando da 2. 197 a 2. 343) ma anche in misura minore quella femminile (+ 1, 6 % con 634 casi rispetto ai 631). Colpisce però soprattutto la forte connessione tra suicidi e crisi economica e occupazionale. Basta leggere i numeri: sono 357 i suicidi compiuti da disoccupati, con una crescita del 37,3% rispetto ai 260 casi del 2008. Nella maggior parte dei casi si tratta di persone espulse dal mercato del lavoro (272 in valore assoluto), il 76% a fronte di 85 casi di persone in cerca di prima occupazione. Un altro indicatore della connessione tra aumento dei suicidi e crisi sono i suicidi per motivi economici, che – pur con tutte le difficoltà di capire le motivazioni profonde di un gesto così assoluto – raggiungono proprio nel 2009 il valore più alto degli ultimi decenni con 198 casi, con una crescita del 32% rispetto all’anno precedente e del 68% rispetto al 2007.
Dal punto di vista geografico oltre la metà dei casi sono concentrati “in una regione del nord” (così dice la ricerca) con ben 1.600 suicidi pari al 53,6 % del totale, a fronte del 18,8% al centro e del 27,6% al sud. Una tendenza in triste ascesa quella dei suicidi a Nordest che riguardano soprattutto padroncini e piccoli imprenditori: sono oltre una cinquantina negli ultimi tre anni quelli che si sono tolti la vita, spesso schiacciati dai tempi di pagamento lunghissimi applicati dalle aziende o dagli enti pubblici. Oggi la media di tempo in cui vengono saldati i debiti da parte dello Stato o degli enti locali è di 180 giorni, tempi che spesso nelle Asl si allungano addirittura a 300 e in alcuni casi 900 giorni. Non va meglio per i pagamenti che devono effettuare le aziende, soprattutto quelle più grandi, che spesso slittano da tre a sei mesi costringendo i piccoli imprenditori ad andare a bussare (ormai sempre più a vuoto) agli istituti bancari. Ancora secondo la Cgia infatti su un campione di 800 microimprese intervistate il 51, 3 % manifesta una aumentata difficoltà di accesso al credito. Tradotto, è una via senza uscita: se la piccola azienda esegue dei lavori e viene pagata con molto ritardo, nel frattempo si rivolge alla banca che però non concede credito, per quanto tempo può sopravvivere? Insomma in Veneto i piccoli imprenditori e il mondo di associazioni, confederazioni e piccoli partiti autonomisti anti-banche che ci ruota attorno sono una bomba a orologeria.
da Il Fatto Quotidiano del 7 gennaio 2012
TUTTE LE BUGIE DI MONTI: OLTRE IL DANNO, LA BEFFA
Sul fatto che qualcosa per salvare il Paese vada fatto credo si sia tutti d’accordo. E’ sul cosa che si può discutere. Intanto qualcuno dovrebbe spiegarci perchè si è impedito con ogni manovra eversiva di far lavorare il Governo legittimo, mentre adesso si debba concedere fiducia al buio ad un esecutivo che impone e dispone misure inique e cervellotiche, tutte tese ad evitare la ricapitalizzazione delle banche a spese della comunità, cioè ad impedire che a tirar fuori i soldi siano gli azionisti di riferimento di quelle banche che si sono arricchiti alle spalle di aziende, lavoratori e pensionati, e che quando hanno avuto utili si son ben guardati dall’impiegarli a favore dello sviluppo dell’economia italiana.
Detto questo, qualcuno dovrebbe far capire al prof Monti, al quale speriamo arrivi l’eco di queste note, che in Italia non esistono classi separate di consumatori come fa finta di credere lui e lo stuolo di leccasuole di cui s’è circondato. Cioè, non è che le sue misure colpiscano una i proprietari di case, un’altra gli automobilisti, un’altra i pensionati, e così via. Il prof Monti dovrebbe invece prendere atto che c’è gente che riveste tutti i ruoli tartassati, nel senso che è allo stesso tempo proprietario di casa, pensionato, automobilista, contribuente, e magari possiede una pilotina sgangherata da 3000 € comprata a rate ed ormeggiata in qualche porto canale, per cui deve pagare tutte insieme l’Imu, l’Ici, l’Iva, le accise da usurai sui carburanti benzina e gasolio per il riscaldamento, la superimposta su gozzi e pattini, spesso dovendosi pure prendere cura dei nipotini per mancanza di asili e dovendo mantenere i figli che non riescono a trovare uno straccio di lavoro. Ci ha pensato a questi, e sono tantissimi,che devono farsi carico del cumulo di tutti i balzelli da lei introdotti, non per la crescita si badi bene, ma solo per salvare le banche d’Italia e d’Europa? Le sembra giusto, anzi equo, questo prof Monti? Non crede di aver già abbastanza preso in giro gli italiani parlando di misure come se fossero “separate” quando invece insistono tutte insieme su tutti quelli chiamati a pagare, con l’aggravante di misure viscide ed ignobili, tenute sottotraccia come quella della rivalutazione degli estimi catastali del 60%, per cui non solo si reintroduce l’Ici, ma lo si fa a livelli stratosferici, per lo più insopportabili? Lo sa prof Monti che l’Agenzia del territorio dal 2007 ha fotografato tutto il territorio italiano rilevando oltre 2.200.000 particelle non accatastate, con oltre 1.162.000 case fantasma la cui esistenza non è mai stata regolarizzata dai Comuni? E, giusto per fare un esempio, come la applica l’Ici in quel comune del napoletano, prof Monti, dove ci sono 5000 abitazioni abusive su 5005? Perchè invece di spaventare la gente non pensa a misure che favoriscano ed incentivino l’investimento dei capitali privati anziché la loro fuga all’estero? Del resto lei stesso ha ammesso che nessuna di queste misure è a favore dello sviluppo e della crescita occupazionale o per il rilancio dei consumi che son tutte la stessa cosa, e che quel capitolo è ancora tutto da scrivere. Non le viene mai in mente che ai pensionati della ricapitalizzazione di Banca Intesa non gliene freghi niente, e che molti possano, invece, pensare che per un Passera che ha 6.000.000 di azioni di quella banca, il non dover procedere ad una ricapitalizzazione sia un bel risparmio e che il conflitto di interessi sia non latente, ma ben visibile e tangibile sulla nostra pelle? Ma poi ieri, ci creda prof Monti , ha veramente esagerato. Affermare che senza questa manovra lo Stato avrebbe corso il rischio di non poter pagare gli stipendi e le pensioni, non solo, come lei ben sa, è una evidente menzogna, ma costituisce un procurato allarme, un vero atto di terrorismo politico alla Bersani, cui lei si è probabilmente affidato senza riflettere e di cui siamo certi si sarà già pentito per averlo posto in atto. Lei sa benissimo che tutti in Europa, pure quelli che ci vorrebbero torchiare tre volte come si fa con le vinacce per dar più colore al vino, ammettono che il sistema pensionistico italiano è già adesso prima della sua riforma il più equilibrato d’Europa, pure più di quello danese preso a riferimento. Lei sa che con l’iniezione dei quasi 4 milioni di immigrati regolarizzati che pagano tasse e contributi pensionistici i conti dell’INPS sono floridi come non accadeva da decenni. Perchè mai, quindi, non si sarebbero dovute pagare le pensioni? E per quanto riguarda gli statali, lei ha detto un’altra enorme bugia, perchè sa benissimo che Berlusconi le ha lascito un governo con un avanzo primario largamente positivo, cioè con le entrate che da mesi superano le spese correnti, tanto è vero che il debito pubblico (non l’indebitamento) decresce. Allora? E sa benissimo che lo spread è un falso problema, come dimostra il fatto che ad ogni asta i bond italiani vadano a ruba, altro che rischio di default. Dica la verità: il suo unico, vero obiettivo non è salvare il Paese, da cosa poi?, ma di risanare il sistema bancario nazionale ed europeo. Ormai il suo gioco diviene sempre più scoperto, per cui comincia a rendersi urgente che qualcuno valuti la possibilità di staccarle la spina. Che senso ha salvare il Paese ammazzando quelli che lo abitano? A chi lo deve “regalare” una volta che lo abbia svuotato?
Ecco dove finiscono i nostri soldi....
Nonostante la crisi economica e i tagli chiesti dal governo, il decreto Salva-Italia di Mario Monti ha di fatto introdotto sacrifici per tutto il Paese, senza però intaccare la sfera delle spese militari.
In particolare, la questione verte intorno all’acquisto di una serie di caccia F35, il cui costo complessivo sarebbe da paragonare a quello di una finanziaria. Eppure, la pressante crisi economica ed il buon senso, non hanno smosso Mario Monti, il quale ha tutta l’intenzione di acquisire i suddetti velivoli militari.
Intanto si allarga lo schieramento politico che chiede a gran voce di non comprare i costosi caccia. Ora Idv, Fli e tutto il movimento pacifista, si trovano insieme per protestare contro questo atto, che proprio a causa della crisi economica, sarebbe da evitare. Come sostiene Enzo Raisi di Fli, nuovo seguace del fronte di opposizione alle eccessive spese militari:
In particolare, la questione verte intorno all’acquisto di una serie di caccia F35, il cui costo complessivo sarebbe da paragonare a quello di una finanziaria. Eppure, la pressante crisi economica ed il buon senso, non hanno smosso Mario Monti, il quale ha tutta l’intenzione di acquisire i suddetti velivoli militari.
Intanto si allarga lo schieramento politico che chiede a gran voce di non comprare i costosi caccia. Ora Idv, Fli e tutto il movimento pacifista, si trovano insieme per protestare contro questo atto, che proprio a causa della crisi economica, sarebbe da evitare. Come sostiene Enzo Raisi di Fli, nuovo seguace del fronte di opposizione alle eccessive spese militari:
«È giunto il momento di rompere un tabù, o almeno di rimetterlo in discussione. È quello degli sperperi in spese militari legate ancora al vecchio schema degli anni della guerra fredda. Ad esempio, il recente acquisto dei caccia F35, per un valore analogo a quello di una manovra finanziaria. Il governo Monti dovrebbe riflettere e riaprire anche il capitolo della dismissione dell’enorme patrimonio di ex caserme e strutture abbandonati dalla difesa: si individuino procedure-lampo per immetterli sul mercato visto che quelle esistenti sono lunghissime e inefficaci».Sulla stessa lunghezza d’onda anche Antonio Di Pietro, leader Idv, che rivendica di essere stato il primo a denunciare questo sperpero di soldi pubblici:
«Meglio tardi che mai. Alla fine anche la grande stampa e qualcun altro si sono accorti che scandalo insopportabile siano i miliardi di euro che buttiamo in spese militari. Soprattutto se si pensa che per il Servizio civile nazionale, invece, i fondi sono precipitati dai circa 170 milioni del 2010 ai 68 del 2012. Quando il ministro della Difesa ammiraglio De Paola ha detto che a tagliare le spese militari non ci pensava proprio, nessuno tranne noi aveva fiatato».Fonte: La Repubblica
Il gioco del banchiere Monti e le pensioni.
Entro febbraio l'ennesimo smacco al "popolo onesto" tutti i pensionati che percepiscono una pensione superiore ai MILLE EURO (cifra bassissima calcolando i costi della vita) dovrà assolutamente farsi accreditare la somma su un conto corrente sia esso postale o bancario ora le banche e le poste stanno studiano promozioni che come dicono loro daranno servizi a costi bassissimi.
Ma secondo voi il problema dell'evasione è quello dei pensionati con quel poco che percepiscono, immagino se fosse stata viva mia nonna costringerla ad usare il bancomat il pin, parlano di sicurezza non è più rischioso far andare una persona anziana ad uno sportello bancomat per fare un prelievo immaginate la criminalità come sarà pronta ad aspettarli appostati.
Poi in tutto questo marasma di notizie quanti pensionati non comunicheranno i dati per l'accredito non si vedranno nenache quei pochi spiccioli che servono per sbarcare il lunario.
Alla fine a guadagnarci saranno sempre le Banche che potranno godere di giacenze di euro record e guadagnare interessi su interessi.
Caro Monti ma non era meglio aiutarli i pensionati invece di complicargli la vita.
Ma secondo voi il problema dell'evasione è quello dei pensionati con quel poco che percepiscono, immagino se fosse stata viva mia nonna costringerla ad usare il bancomat il pin, parlano di sicurezza non è più rischioso far andare una persona anziana ad uno sportello bancomat per fare un prelievo immaginate la criminalità come sarà pronta ad aspettarli appostati.
Poi in tutto questo marasma di notizie quanti pensionati non comunicheranno i dati per l'accredito non si vedranno nenache quei pochi spiccioli che servono per sbarcare il lunario.
Alla fine a guadagnarci saranno sempre le Banche che potranno godere di giacenze di euro record e guadagnare interessi su interessi.
Caro Monti ma non era meglio aiutarli i pensionati invece di complicargli la vita.
Lo Stato non lo paga da anni, imprenditore minaccia il suicidio
Stanco di attendere i compensi che, da dieci anni, gli devono Prefettura e Procura della Repubblica di Sassari, il titolare di un deposito di auto, Daniele Delogu, di 59 anni, sassarese, ha minacciato di buttarsi da un costone nelle campagne fra Sassari e Ossi. Dopo due ore di trattative l'uomo ha deciso di desistere e ha raccontato ai soccorritori il suo dramma: lo Stato ha nei suoi confronti un debito di oltre 350mila euro.
Esasperato per un debito da parte dello Stato. di recente l'uomo si era sentito dire che avrebbe visto i suoi soldi in cinque anni. Da qui la decisione estrema e provocatoria.
Nel deposito di Ottava, Delogu custodisce auto sequestrate dalla magistratura e dalla Prefettura, ma lo Stato da anni non gli dà un centesimo. Questa mattina alle 10 l'imprenditore è salito sul costone, ha chiamato i Carabinieri e ha minacciato di buttarsi.
Sul posto sono intervenuti i militari della stazione di Sassari, i vigili del fuoco e il personale del 118. Dopo due ore di trattative l'uomo ha deciso di desistere e ha raccontato ai soccorritori il suo dramma. ''Non ce la faccio più - ha detto - qualcuno deve intervenire e risolvere questa situazione assurda''.
Nel deposito di Ottava, Delogu custodisce auto sequestrate dalla magistratura e dalla Prefettura, ma lo Stato da anni non gli dà un centesimo. Questa mattina alle 10 l'imprenditore è salito sul costone, ha chiamato i Carabinieri e ha minacciato di buttarsi.
Sul posto sono intervenuti i militari della stazione di Sassari, i vigili del fuoco e il personale del 118. Dopo due ore di trattative l'uomo ha deciso di desistere e ha raccontato ai soccorritori il suo dramma. ''Non ce la faccio più - ha detto - qualcuno deve intervenire e risolvere questa situazione assurda''.
fonte tgcom24
Complice la crisi economica è boom dell’usura: in quattro anni 10mila le imprese costrette a chiudere
Complice la crisi economica è boom dell’usura: in quattro anni 10mila le imprese costrette a chiudere
In questa situazione di crisi c’è un altro male che prolifera in maniera sempre più evidente: l’usura. Il suo è un vero boom e sono 10mila le imprese che in tre anni, dal 2008 al 2011, hanno chiuso i battenti per colpa sua o - comunque - per debiti. A lanciare l'allarme è Sos Impresa e Confesercenti nel XIII rapporto 'Le mani della criminalità sulle imprese'.
L'indebitamento delle imprese ha raggiunto i 180mila euro, quasi raddoppiandosi nell'ultimo decennio. Anche i fallimenti sono cresciuti vorticosamente: +16,6% nel 2008 e +26,6% nel 2009. Allarmanti, poi, i dati del 2010 riferiti al primo trimestre con fallimenti in crescita del 46%. Tradotto in numeri questo significa che 3.226 aziende hanno fatto ricorso alle procedure fallimentari, con un trend che farà superare abbondantemente le 12mila chiusure. Sono 200mila, in sostanza, i commercianti coinvolti in rapporti con l'usura, ma le posizioni debitorie vanno stimate inoltre 600mila unità. E con la crisi è aumentato il numero degli usurai che oggi sono passati da circa 25mila a oltre 40mila.
Quanto all'identikit della vittima dell'usura, il fenomeno colpisce solitamente commercianti che operano nel dettaglio tradizionale, come alimentaristi, gestori di negozi di abbigliamento e calzature, fiorai. Sono queste "le categorie che - rileva il rapporto - oggi pagano, più di ogni altro comparto, il prezzo della crisi. Da segnalare, infine, l'ingresso della criminalità organizzata, soprattuto della camorra, nell'attività usuraia. Secondo il rapporto "molti boss non considerano più spregevole tale attività, anzi il titolo di usuraio mafioso si inserisce compiutamente in quell'economia corsara, immensamente ricca e altrettanto spregiudicata. Le operazioni censite che hanno coinvolto esponenti della criminalità organizzata sono aumentate in tre anni del 52,5%.
L'allarme mafia - La mafia Spa è il più grande agente economico del paese e, in un momento di crisi economica e di restrizione del credito, può contare su 65 miliardi di euro di liquidità risultando così la prima banca d'Italia. La mafia continua a configurarsi come una holding company articolata su un network criminale fortemente intrecciato con la società, l'economia e la politica, in grado di muovere un fatturato che si aggira intorno ai 140 miliardi di euro con un utile che supera i 100 miliardi al netto degli investimenti e degli accantonamenti.
Si parla cioè di circa il 7% del Pil. Una massa di denaro enorme che passa quotidianamente - rileva il rapporto - dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori italiani a quelle dei mafiosi. Di fatto bar, ristoranti, alberghi e negozi subiscano 1.300 reati al giorno, praticamente 50 all'ora, quasi un reato ogni minuto. Violenza di strada e ricatto mafioso, dunque, si abbattono sulla piccola impresa, costringendola ad una vita affannosa per sopravvivere e "a non divenire facile preda degli appetiti di criminali in doppiopetto". Sono oltre un milione gli imprenditori vittime di un qualche reato, ovvero un quinto degli attivi.
Un fenomeno preoccupante - Oltre al grave e continuo processo del condizionamento dell'economia legale, oggi, assistiamo ad un fenomeno nuovo e per alcuni versi più preoccupante: si è determinata un'inversione dei rapporti tra alcuni pezzi della finanza - avverte il rapporto Sos Impresa - e dell'imprenditoria e criminalità organizzata. Si tratta di "rapporti che nascono sotto il segno della complicità e della collusione per ricavarne vantaggi economici rilevanti". In sostanza oggi più che mai pezzi dell'imprenditoria e della finanza, anche a causa del credit crunch dominante, sono sempre più attratti dai soldi della criminalità, anche perché in questo momento di crisi "mafia spa è l'unico soggetto economico-imprenditoriale in grado di fare investimenti".
La mafia camaleonte - Dal rapporto emerge poi quella che viene definitiva 'mafia camaleonte': l'organizzazione, infatti, ridisegna di continuo la propria strategia economica e finanziaria. L'organizzazione criminale ha sempre di più l'esigenza "di attrarre nel proprio circuito pezzi di finanza deviata, professionisti senza scrupoli, qualche imprenditore persuaso che la strada della collusione partecipata sia l'unica possibile per rimanere a galla". Quanto ai settori di investimento, dal rapporto emerge come gli interessi della mafia si siano spostati in comparti nuovi: dalla sanità, con la gestione delle cliniche private o dei residence per anziani, allo sport, con la gestione di società dilettantische o di scommesse clandestine, fino all'autotrasporto, alla logistica e ai servizi di vigilanza dei locali notturni.
Roma sempre più violenta - SoS Impresa lancia poi l'allarme sulla dilagante violenza nelle città. Roma è sempre più violenta. Tra omicidi, estorsioni, regolamenti di conti, usure e rapine, la Capitale è diventata una città sempre meno sicura, più violenta di Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria, capoluoghi a forte radicamento mafioso. Va a Roma, inoltre, il triste primato di capitale dell'usura. A lanciare l'allarme è Sos Impresa e Confesercenti nel XIII rapporto 'Le mani della criminalità sulle imprese'.
La rapina il 4 gennaio scorso nel quartiere di Tor Pignattara ha inaugurato il 2012 "confermando lo stato di emergenza sicurezza in cui versa la Capitale, da almeno cinque anni. La lunga scia di sangue dell'anno appena conclusosi ha contato 20 sparatorie e 30 omicidi. Più di quanti se ne siano verificati a Catania, Palermo, Napoli o Reggio Calabria", denuncia il rapporto. E a questi gesti eclatanti bisogna aggiungere il numero di altri reati, dall'omicidio alle lesioni, aumentati nel 2010 e nel 2011. In particolare le rapine a Roma nel 20011 sono aumentate dell'11% e "i principali obiettivi dei rapinatori sono diventati quegli esercizi commerciali che non possono contare su forme di controllo quali vigilanti o casseforti, o che non pagano il pizzo". Dal rapporto, poi, emerge che "la violenza investe le periferie e le borgate, ma anche il centro storico e quartieri più ricchi come Prati, l'Eur e i Parioli.
"Sicuramente la lunga scia di sangue - rileva Sos Impresa - non può essere imputabile ad un'unica regia criminale. Probabilmente ci troviamo di fronte ad organizzazioni diverse che si contendono il ricco territorio della Capitale". A Roma, poi, "malgrado le rassicurazioni e le firme di patti di vario genere, l'ondata di conflitti a fuoco non accenna a smorzarsi e la paura cresce tra tutti gli strati sociali. A questo bisogna aggiungere la scarsità di uomini e mezzi in dotazione delle forze dell'ordine". Infine, sul fronte dell'usura, il Lazio e la Capitale sono tra i più colpiti dal fenomeno. Secondo Sos Impresa sono circa 28mila (pari al 32%) il numero di commercianti del Lazio coinvolta in fatti usurai. Roma, in particolare, "è da decenni il luogo per eccellenza dell'usura. ( redazione tiscali )
Quando la sfiducia arriva dall'alto.
( Da pmi.it ) Le difficoltà incontrate in questi anni dalle imprese italiane sono la cartina tornasole della crisi economica che sta investendo il nostro Paese e non solo. E proprio in base alle dichiarazioni delle imprese Bankitalia ha misurato lo stato della crisi economica in Italia segnalando un «2012 in peggioramento».
Il 2% delle aziende coinvolte nell’indagine trimestrale di Bankitalia sulle aspettative di inflazione e crescita delle imprese segnala un miglioramento, mentre 3 su 4 segnalano un peggioramento della situazione economica generale in base al vissuto dell’appena terminato 2011.
In generale per il nuovo anno arriva l’avvertimento: nel 2012 i prezzi aumenteranno di +1,7%, «sostanzialmente in linea con le attese formulate in settembre (1,6%); tra i fattori che influenzeranno la dinamica dei listini, si riduce il contributo dei costi delle materie prime e del costo del lavoro, a fronte di una maggiore importanza assegnata alla variazione della domanda nel contenere le pressioni al rialzo», segnala la Banca d’Italia.
E gli aumenti sono già arrivati nel 2011 perché la maggioranza delle imprese ha rivelato di aver maggiorato i prezzi di vendita del 2,1% nell’arco dell’ultimo anno, pari al +1% rispetto a quanto segnalato dalla stessa Banca nell’indagine di settembre e del +1,4% sulle previsioni. Distorsioni frutto dei picchi registrati tra le imprese attive nel comparto dei servizi (+2,2%) e quelle residenti al Centro (3,0%).
In generale, il clima di sfiducia è diffuso, tanto tra consumatori quanto tra imprese anche sull’efficacia della manovra finanziaria, sullle politiche di sviluppo economico e sulle riforme del Decreto “Salva-Italia”.
Il 2% delle aziende coinvolte nell’indagine trimestrale di Bankitalia sulle aspettative di inflazione e crescita delle imprese segnala un miglioramento, mentre 3 su 4 segnalano un peggioramento della situazione economica generale in base al vissuto dell’appena terminato 2011.
E gli aumenti sono già arrivati nel 2011 perché la maggioranza delle imprese ha rivelato di aver maggiorato i prezzi di vendita del 2,1% nell’arco dell’ultimo anno, pari al +1% rispetto a quanto segnalato dalla stessa Banca nell’indagine di settembre e del +1,4% sulle previsioni. Distorsioni frutto dei picchi registrati tra le imprese attive nel comparto dei servizi (+2,2%) e quelle residenti al Centro (3,0%).
In generale, il clima di sfiducia è diffuso, tanto tra consumatori quanto tra imprese anche sull’efficacia della manovra finanziaria, sullle politiche di sviluppo economico e sulle riforme del Decreto “Salva-Italia”.
Un finto paese
Vi siete mai chiesti ma come è possibile che l'Italia una delle potenze piu industrializzate del mondo finisse cosi nel mirino di speculazioni cosi forti, be molti analisti lo avevano gia previsto anni fa, prima la bolla dei mutui americani, poi lo spread sono state tante goccie di un vaso ormai già pieno.
Nel cultura occidentale le crisi economiche sono sempre state succesivamente accompagnare da una forte crescita ma ci sono aziende e speculatori che in questi periodi riescono con ingenti somme a produrre profitti interessanti è l'analisi fatta Franco Bechis di Libero ove si evince che le prime 100 aziende quotate in borsa hanno incrementato il loro fatturato del 6,34 % da 552 a 587 miliardi di euro.
Sono le persone normali il piccolo imprenditore il dipendente il pensionato che non è piu in grado di far fronte al continuo aumento dei prezzi e alla continua e ingiusta pressione fiscale.
Nel cultura occidentale le crisi economiche sono sempre state succesivamente accompagnare da una forte crescita ma ci sono aziende e speculatori che in questi periodi riescono con ingenti somme a produrre profitti interessanti è l'analisi fatta Franco Bechis di Libero ove si evince che le prime 100 aziende quotate in borsa hanno incrementato il loro fatturato del 6,34 % da 552 a 587 miliardi di euro.
Sono le persone normali il piccolo imprenditore il dipendente il pensionato che non è piu in grado di far fronte al continuo aumento dei prezzi e alla continua e ingiusta pressione fiscale.
Ecco una tabella con le previsioni degli aumenti 2012 voce per voce:
ALIMENTAZIONE - 392 euro
TRENI (ANCHE PENDOLARI) - 81 euro
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE - 48 euro
SERVIZI BANCARI, MUTUI, BOLLI - 93 euro
CARBURANTI (COMPRESE ACCISE REGIONI) - 192 euro
DERIVATI PETROLIO, DETERSIVI, PLASTICHE - 123 euro
ASSICURAZIONE AUTO - 78 euro
TARIFFE AUTOSTRADALI - 53 euro
TARIFFE GAS - 113 euro
TARIFFE ELETTRICITA' - 72 euro
TARIFFE ACQUA - 22 euro
TARIFFE RIFIUTI - 53 euro
RISCALDAMENTO - 195 euro
AUMENTO IVA (DA SETTEMBRE) - 93 euro
ADDIZIONALI REGIONALI - 90 euro
IMU PRIMA CASA - 405 euro
-------------------------------------------------------------
TOTALE - 2.103 euro
TRENI (ANCHE PENDOLARI) - 81 euro
TRASPORTO PUBBLICO LOCALE - 48 euro
SERVIZI BANCARI, MUTUI, BOLLI - 93 euro
CARBURANTI (COMPRESE ACCISE REGIONI) - 192 euro
DERIVATI PETROLIO, DETERSIVI, PLASTICHE - 123 euro
ASSICURAZIONE AUTO - 78 euro
TARIFFE AUTOSTRADALI - 53 euro
TARIFFE GAS - 113 euro
TARIFFE ELETTRICITA' - 72 euro
TARIFFE ACQUA - 22 euro
TARIFFE RIFIUTI - 53 euro
RISCALDAMENTO - 195 euro
AUMENTO IVA (DA SETTEMBRE) - 93 euro
ADDIZIONALI REGIONALI - 90 euro
IMU PRIMA CASA - 405 euro
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TOTALE - 2.103 euro
CRISI: FITCH, 'SIGNIFICATIVA POSSIBILITA' DOWNGRADE ITALIA
(AGI) - Londra, 10 gen. - C'e' una "significativa possibilita'" che Fitch abbassi il rating dell'Italia, attualmente pari ad A+, una volta completata la revisione avviata nel dicembre scorso. Lo ha affermato David Riley, capo della divisione rating sovrani dell'agenzia internazionale di classificazione.
"Una cosa che aiuterebbe l'Italia, ma che e' al di fuori del nostro controllo immediato, e' un'assicurazione sulla crisi di liquidita', il che significa di base che serve un 'muro di protezione'", ha spiegato Riley incontrando la stampa a un evento di Fitch a Londra.
"In questo momento non lo abbiamo e questo e' motivo di seria preoccupazione per quanto riguarda l'Italia - ha proseguito Riley - E' una delle ragioni per le quali abbiamo messo l'Italia sotto osservazione con implicazioni negative ed e' una delle ragioni per le quali c'e' una significativa possibilita' che, una volta conclusa la revisione, il rating dell'Italia cali".
"Una cosa che aiuterebbe l'Italia, ma che e' al di fuori del nostro controllo immediato, e' un'assicurazione sulla crisi di liquidita', il che significa di base che serve un 'muro di protezione'", ha spiegato Riley incontrando la stampa a un evento di Fitch a Londra.
"In questo momento non lo abbiamo e questo e' motivo di seria preoccupazione per quanto riguarda l'Italia - ha proseguito Riley - E' una delle ragioni per le quali abbiamo messo l'Italia sotto osservazione con implicazioni negative ed e' una delle ragioni per le quali c'e' una significativa possibilita' che, una volta conclusa la revisione, il rating dell'Italia cali".
I CONTI IN TASCA A MAFIA SPA, 'FATTURATO' DA 140 MILIARDI
(AGI) - Roma, 10 gen. - La mafia Spa muove un 'fatturato' che si aggira intorno ai 140 miliardi di euro, con un utile che supera i 100 miliardi al netto degli investimenti e degli accantonamenti, e 65 miliardi di liquidita'. A lanciare l'allarme e' il XIII Rapporto di Sos Impresa ("Le mani della criminalita' sulle imprese") che individua nella criminalita' organizzata "il piu' grande agente economico del Paese", una grande "holding company articolata su un network criminale, fortemente intrecciato con la societa', l'economia e la politica".
Il solo ramo commerciale della criminalita' mafiosa e non, che incide direttamente sul mondo dell'impresa, sfiora i 100 miliardi di euro, pari al 7% del Pil nazionale: una massa enorme di denaro che passa quotidianamente dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori a quelle dei mafiosi. Le imprese subiscono 1.300 reati al giorno, praticamente 50 l'ora, quasi un reato ogni minuto. E sono oltre un milione gli imprenditori vittime, ovvero un quinto degli attivi.
Il solo ramo commerciale della criminalita' mafiosa e non, che incide direttamente sul mondo dell'impresa, sfiora i 100 miliardi di euro, pari al 7% del Pil nazionale: una massa enorme di denaro che passa quotidianamente dalle tasche dei commercianti e degli imprenditori a quelle dei mafiosi. Le imprese subiscono 1.300 reati al giorno, praticamente 50 l'ora, quasi un reato ogni minuto. E sono oltre un milione gli imprenditori vittime, ovvero un quinto degli attivi.
Racconta le difficoltà che incontri in questo periodo.
Si moltiplicano le aziende, le famiglie che faticano ad andare avanti. Il mestiere di imprenditore diventa di giorno in giorno più complicato, tra ansie crescenti e malessere, per non dire dei casi di vera e propria disperazione. Racconta al le difficoltà che incontra la tua impresa e la possibile ricetta per tornare a crescere.
Crisi: spread Btp Bund torna sotto 530 Rendimento al 7,16%
(ANSA) - ROMA, 10 GEN - Dopo le tensioni di ieri torna sotto quota 530 lo spread tra bund tedeschi e btp decennali: alle 8.30 a 529,3 punti. Il rendimento e' del 7,16%.
Saldi di fine illusione
In tutta Italia sono cominciati i saldi. E sembra che non stiano andando un granché. Le cause, secondo gli esperti, sono le solite: le manovre che erodono i risparmi delle famiglie, la crisi che toglie il lavoro, e la diffusa incertezza per il futuro. Tutto giusto, ma forse c’è di più.
A gironzolare per le vetrine dei negozi, non si può non notare che spesso (praticamente sempre) la merce esposta sembra essere una lontana parente di quella che si vedeva negli stessi negozi poco più di due settimane fa. Magari è solo un’impressione, ma si sa che le impressioni contano.
E allora potrebbe essere che – dopo la sbornia collettiva che ci ha fatto scambiare per un ventennio dei bancarottieri da strapazzo per grandi manager industriali e finanziari, mediocri comici per novelli Totò e Peppino, sgallettate di quart’ordine per star del cinema e sgangherati politicanti dilettanti per grandi uomini di Stato – finalmente gli italiani si siano svegliati. E all’illusione del consumismo da finti ricchi preferiscano un sano – anche se un po’ triste – realismo.
E non fanno più finta di confondere un saldo di fine stagione con una svendita di fondi di magazzino. Non è una cattiva notizia.
lunedì 9 gennaio 2012
COME DIFENDERSI DA EQUITALIA.
Quando vi arriva una cartella esattoriale sospetta da Equitalia il primo passo da fare é quello di farla PERIZIARE. (leggi qui come si fa)
Se il tasso di usura, come spesso succede, viene accertato, il secondo passo é quello di andare dalla Guardia di Finanza a sporgere denuncia.
Potete valutare anche la denuncia per stalking, oltre che per l’usura, se le cartelle esattoriali e gli avvisi di pagamento continuano a giungervi.
Una volta accertata l’usura avrete 3 anni di blocco dei pagamenti verso il Fisco ( Equitalia, Inps, Inail…) e 300 giorni di blocco sui pagamenti verso banche e privati (prestiti, mutui…).
Può capitare che il PM non voglia riconoscere l’usura, appellandosi al fatto che lo Stato non presta soldi (detto in molto alla buona). Ciò non ha fondamento giuridico, ci sono già dei precedenti. lo Stato quando concede rateizzazioni sulle imposte, presta effettivamente del denaro. Applica dei tassi d’interesse e se questi sono troppo alti, é semplicemente usura. l’articolo 644 del codice penale punisce “chiunque chieda prestazioni di denaro con vantaggi usurai”. Anche lo Stato rientra nella categoria “chiunque”. Lo Stato non può essere escluso.
I tempi giudiziari possono essere biblici, un’eventuale processo può essere molto dispendioso, sia psicologicamente che economicamente. Equitalia lo sa e se ne approfitta. Non molla la presa sui cittadini spaventati dalle spese giudiziarie.
Come già scritto in diversi articoli, Equitalia ci truffa. Non é giusto che nessuno di noi debba pagare ciò che non deve. Il tutto non a uno strozzino qualunque, ma allo Stato, proprio quell’organismo, che in tempi di recessione dovrebbe darci una mano. Invece, tramite la scelleratezza di Equitalia, ci affossa.
“Mio marito, morto di crepacuore vittima di Equitalia”
LA STAMPA
“Mio marito, morto di crepacuore vittima di Equitalia”
Gli ultimi mesi di Mauro Bordis, 58 anni, sono stati un inferno
«Per 6 mila euro ci hanno ipotecato casa e tolto i fidi»
di Marco Accossato
(TORINO) Le case non si toccano… non si può fare ammalare così la gente», diceva un anno fa Mauro Bordis, con le lacrime agli occhi, di fronte alle telecamere di Report, durante una puntata-inchiesta su Equitalia. Piccolo artigiano esperto in antichità e restauri, aveva da poco scoperto di avere la casa di Moncalieri ipotecata e i fidi bancari sospesi per una cartella esattoriale da 6 mila euro. Un piccolo debito, una somma non pagata entro la data di scadenza.
«Non si può fare ammalare così la gente». Parole tragicamente premonitrici: un anno dopo, Bordis non c’è più. E’ morto d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia, travolto dall’angoscia di vedersi non solo ipotecare casa, ma persino bloccare gli strumenti di lavoro per quel debito da qualche migliaio di euro con le tasse. Un paradosso. Un caso fra migliaia, storie di piccoli imprenditori «che non hanno evaso e non intendono evadere il fisco, ma che la crisi ha soltanto messo nelle condizioni di non riuscire a pagare subito i debiti con lo Stato». Bordis è morto d’infarto e la sua storia è diventata l’emblema di una battaglia di giustizia portata avanti dalla moglie Ewa Mayer, ospite domenica sera del Senso della Vita, la trasmissione di Paolo Bonolis su Canale 5.
«Non è quel debito ad avere ucciso mio marito», sospira la vedova Bordis. «E’ il girone infernale che non t’immagini nel quale siamo precipitati per quel debito da nulla. E con noi, molte altre famiglie. Prima che ne fossimo informati, la banca sapeva già che eravamo “cattivi pagatori”, così ci ha contattato perché restituissimo entro cinque giorni 25 mila euro che ci aveva concesso di fido». Nessuno ti fa più credito, nessuno si fida più, se Equitalia ti «bolla» come pagatore inaffidabile.
In poche ore si può mettere in ginocchio una vita, addirittura una famiglia intera, contribuire al fallimento di un’azienda già in difficoltà. Il colpo di grazia. E’ la storia dei Bordis, ma lo sanno bene circa 100 mila famiglie che in Piemonte si ritrovano oggi con una casa sotto ipoteca o con le ganasce fiscali all’auto. Ewa Mayer è una delle persone che – grazie al consigliere regionale Alberto Goffi, Udc – aderirà a una class action nazionale che s’intende lanciare contro Equitalia. Il marito Mauro aveva 58 anni, era artigiano da 38.
«Ai nostri figli – dice la Mayer – abbiamo sempre insegnato l’onestà. Oggi, vedendo in quale situazione ci siamo trovati, e pensando a quegli evasori di lusso che hanno portato capitali all’estero risolvendo poi tutto con uno scudo fiscale al 5 per cento, non so più che cosa sia meglio insegnare. Se conviene essere onesti oppure furbi».
“Mio marito, morto di crepacuore vittima di Equitalia”
Gli ultimi mesi di Mauro Bordis, 58 anni, sono stati un inferno
«Per 6 mila euro ci hanno ipotecato casa e tolto i fidi»
di Marco Accossato
(TORINO) Le case non si toccano… non si può fare ammalare così la gente», diceva un anno fa Mauro Bordis, con le lacrime agli occhi, di fronte alle telecamere di Report, durante una puntata-inchiesta su Equitalia. Piccolo artigiano esperto in antichità e restauri, aveva da poco scoperto di avere la casa di Moncalieri ipotecata e i fidi bancari sospesi per una cartella esattoriale da 6 mila euro. Un piccolo debito, una somma non pagata entro la data di scadenza.
«Non si può fare ammalare così la gente». Parole tragicamente premonitrici: un anno dopo, Bordis non c’è più. E’ morto d’infarto mentre lottava contro le cartelle di Equitalia, travolto dall’angoscia di vedersi non solo ipotecare casa, ma persino bloccare gli strumenti di lavoro per quel debito da qualche migliaio di euro con le tasse. Un paradosso. Un caso fra migliaia, storie di piccoli imprenditori «che non hanno evaso e non intendono evadere il fisco, ma che la crisi ha soltanto messo nelle condizioni di non riuscire a pagare subito i debiti con lo Stato». Bordis è morto d’infarto e la sua storia è diventata l’emblema di una battaglia di giustizia portata avanti dalla moglie Ewa Mayer, ospite domenica sera del Senso della Vita, la trasmissione di Paolo Bonolis su Canale 5.
«Non è quel debito ad avere ucciso mio marito», sospira la vedova Bordis. «E’ il girone infernale che non t’immagini nel quale siamo precipitati per quel debito da nulla. E con noi, molte altre famiglie. Prima che ne fossimo informati, la banca sapeva già che eravamo “cattivi pagatori”, così ci ha contattato perché restituissimo entro cinque giorni 25 mila euro che ci aveva concesso di fido». Nessuno ti fa più credito, nessuno si fida più, se Equitalia ti «bolla» come pagatore inaffidabile.
In poche ore si può mettere in ginocchio una vita, addirittura una famiglia intera, contribuire al fallimento di un’azienda già in difficoltà. Il colpo di grazia. E’ la storia dei Bordis, ma lo sanno bene circa 100 mila famiglie che in Piemonte si ritrovano oggi con una casa sotto ipoteca o con le ganasce fiscali all’auto. Ewa Mayer è una delle persone che – grazie al consigliere regionale Alberto Goffi, Udc – aderirà a una class action nazionale che s’intende lanciare contro Equitalia. Il marito Mauro aveva 58 anni, era artigiano da 38.
«Ai nostri figli – dice la Mayer – abbiamo sempre insegnato l’onestà. Oggi, vedendo in quale situazione ci siamo trovati, e pensando a quegli evasori di lusso che hanno portato capitali all’estero risolvendo poi tutto con uno scudo fiscale al 5 per cento, non so più che cosa sia meglio insegnare. Se conviene essere onesti oppure furbi».
Sono un imprenditore: ho dovuto cedere l'azienda e capisco quelli che si sono uccisi
È passata un'altra settimana dal suicidio di un piccolo imprenditore e mi accorgo sempre di più che in questo paese è stata l'unica strada percorribile intravista da chi vuole risolvere i problemi legati alle banche.
Sono stato un piccolo imprenditore che a causa di problemi ricevuti dai clienti ha dovuto cedere l'azienda per un pezzo di pane per far fronte ai debiti contratti verso le banche e i fornitori. Purtroppo malgrado l'appoggio di un commercialista sono riuscito anche a non incassare questo. Scoprendo che colui che ha acquistato l'azienda ora, dopo averla svuotata, ha iniziato a manomettere i bilanci per poterla chiudere e riaprire con altro nome, mentre io che ho voluto essere sino in fondo onesto dopo Natale mi ritrovero senza casa per la mia famiglia e senza lavoro.
Scopro che persone che negli anni scorsi sono venute a piangere a casa mia in cerca di soldi in prestito, hanno spostato la proprieta dei loro beni all'estero, e alla richiesta di poter avere da loro almeno una parte di ciò che avanzo mi dicono di mettere puro all'incasso gli assegni, in quanto loro sono nullatenenti, pur con villa a Milano e casa al mare.
Sono stato un piccolo imprenditore che a causa di problemi ricevuti dai clienti ha dovuto cedere l'azienda per un pezzo di pane per far fronte ai debiti contratti verso le banche e i fornitori. Purtroppo malgrado l'appoggio di un commercialista sono riuscito anche a non incassare questo. Scoprendo che colui che ha acquistato l'azienda ora, dopo averla svuotata, ha iniziato a manomettere i bilanci per poterla chiudere e riaprire con altro nome, mentre io che ho voluto essere sino in fondo onesto dopo Natale mi ritrovero senza casa per la mia famiglia e senza lavoro.
Scopro che persone che negli anni scorsi sono venute a piangere a casa mia in cerca di soldi in prestito, hanno spostato la proprieta dei loro beni all'estero, e alla richiesta di poter avere da loro almeno una parte di ciò che avanzo mi dicono di mettere puro all'incasso gli assegni, in quanto loro sono nullatenenti, pur con villa a Milano e casa al mare.
Lettera aperta di un giovane imprenditore agli Italiani
Quando un anno si accinge a finire è naturale tentare un bilancio, provare a ricostruire gli alti e i bassi, i più e i meno, di questo 2011. Un insieme di fattori possono far sperare nella fine di un ciclo di crisi durissima, che ha cambiato per sempre l'Italia, che nel suo 150esimo compleanno ha forse vissuto una delle prove più grandi, tentare di riguadagnarsi il futuro, puntando sulle sue generazioni presenti e a venire, nel tentativo non scontato di questi tempi di preservare quel sentimento di unità che ci ha reso un paese straordinario ed unico nel panorama internazionale.
Certo in questi anni si è giunti a tante insopportabili esasperazioni, foraggiate da costumi etici e morali discutibili che hanno investito tutti gli aspetti della vita, pubblica e privata, dalle istituzioni, alle aziende, senza risparmiare nessuno, crisi totale dunque, continua e apparentemente senza fine. Eppure, al termine di questo ennesimo anno difficile, io preferisco non guardarmi indietro, preferisco puntare avanti. Gli errori passati sono, erano evitabili, ma non amo piangere sul latte versato, penso che da uno sbaglio si possa trarre insegnamento, che dalle paure si possa trarre coraggio, che dalle difficoltà nasca sempre il senso di rivalsa, di sfida, preferisco guardare i tanti buoni esempi dati dai tanti uomini e donne, cittadini e rappresentanti dello Stato, delle imprese, del mondo religioso, dei professionisti e dei lavoratori che non sono mancati, dai tanti che hanno celebrato questi straordinari 150 anni con la fatica, il sudore, l'onestà, le idee, il cuore degli italiani che continueranno a fare grande il mio paese.
Il senso e il forte bisogno di appartenenza, di merito, di giustizia, la fede nei valori morali e religiosi che hanno reso l'Italia grande nella storia del Mondo, questi sentimenti positivi che si sono rafforzati a causa dei problemi generati da questa crisi, fanno nascere in me alla fine di quest'anno, un senso di opportunità. Oggi siamo costretti al cambiamento, siamo messi all' angolo dalle circostanze e possiamo solo tentare di realizzare con le nostre mani il futuro che sentiamo di meritarci. Rivoluzionare i nostri sistemi economici, sociali costerà fatica, paura, qualche volta genererà rabbia, ma se agiremo spinti dalla volontà di creare nuove e solide basi per la crescita (non solo economica, ma soprattutto sociale) di questa nazione, renderemo questa terra un luogo migliore, per noi e per i nostri figli e soprattutto avremo compiuto il nostro dovere: avremo reso omaggio e ragione ai tanti che in 150 anni hanno versato veramente lacrime e sangue per fare l'Italia.
Questa Italia che merita i migliori italiani di sempre, noi: giovani di tutte le età che continuiamo a sognare, che ogni Natale, ogni volta che un anno finisce, guardiamo avanti senza perderci di animo, perché la prova più difficile non è mai stata superare questa o un'altra crisi, ma dimostrare a noi stessi e a chi ci seguirà di essere stati gli uomini e le donne che hanno continuato a costruire per questo paese un altro anno, un altro mese, un altro giorno, migliore di quello passato.
Certo in questi anni si è giunti a tante insopportabili esasperazioni, foraggiate da costumi etici e morali discutibili che hanno investito tutti gli aspetti della vita, pubblica e privata, dalle istituzioni, alle aziende, senza risparmiare nessuno, crisi totale dunque, continua e apparentemente senza fine. Eppure, al termine di questo ennesimo anno difficile, io preferisco non guardarmi indietro, preferisco puntare avanti. Gli errori passati sono, erano evitabili, ma non amo piangere sul latte versato, penso che da uno sbaglio si possa trarre insegnamento, che dalle paure si possa trarre coraggio, che dalle difficoltà nasca sempre il senso di rivalsa, di sfida, preferisco guardare i tanti buoni esempi dati dai tanti uomini e donne, cittadini e rappresentanti dello Stato, delle imprese, del mondo religioso, dei professionisti e dei lavoratori che non sono mancati, dai tanti che hanno celebrato questi straordinari 150 anni con la fatica, il sudore, l'onestà, le idee, il cuore degli italiani che continueranno a fare grande il mio paese.
Il senso e il forte bisogno di appartenenza, di merito, di giustizia, la fede nei valori morali e religiosi che hanno reso l'Italia grande nella storia del Mondo, questi sentimenti positivi che si sono rafforzati a causa dei problemi generati da questa crisi, fanno nascere in me alla fine di quest'anno, un senso di opportunità. Oggi siamo costretti al cambiamento, siamo messi all' angolo dalle circostanze e possiamo solo tentare di realizzare con le nostre mani il futuro che sentiamo di meritarci. Rivoluzionare i nostri sistemi economici, sociali costerà fatica, paura, qualche volta genererà rabbia, ma se agiremo spinti dalla volontà di creare nuove e solide basi per la crescita (non solo economica, ma soprattutto sociale) di questa nazione, renderemo questa terra un luogo migliore, per noi e per i nostri figli e soprattutto avremo compiuto il nostro dovere: avremo reso omaggio e ragione ai tanti che in 150 anni hanno versato veramente lacrime e sangue per fare l'Italia.
Questa Italia che merita i migliori italiani di sempre, noi: giovani di tutte le età che continuiamo a sognare, che ogni Natale, ogni volta che un anno finisce, guardiamo avanti senza perderci di animo, perché la prova più difficile non è mai stata superare questa o un'altra crisi, ma dimostrare a noi stessi e a chi ci seguirà di essere stati gli uomini e le donne che hanno continuato a costruire per questo paese un altro anno, un altro mese, un altro giorno, migliore di quello passato.
Compro Oro - In tre anni sono passati da 15 a 46, sono più che a Bologna. Il caso di una mamma che aveva bisogno di soldi per pagare l'operazione del figlio
rimini L’oro è un bene rifugio e nei momenti di crisi, come quello che stiamo vivendo, venderlo è uno dei modi migliori per rimpinguare in tempi rapidi il portafoglio. Così si spiega anche a Rimini il boom negli ultimi 3 anni dei “Compro Oro”, dai 15 del 2008 ai 46 attuali, più della stessa Bologna che ne conta al momento 40. Sono 500-600 quelli presenti invece complessivamente in Emilia-Romagna secondo recenti stime della Regione. Un’attività quindi in rapida espansione, “anche troppo – si lamenta la titolare di “Montedoro”, azienda presente da due anni sul territorio con tre filiali - La concorrenza è davvero tanta. Per questo è già un’impresa essere riusciti a mantenere lo stesso numero di clienti di 2 anni fa. In media ne abbiamo 100-150 alla settimana, una quarantina nella sede di via Flaminia, la prima che abbiamo aperto. Ci portano un po’ di tutto, anelli, bracciali, collane, orecchini, monete, in qualche caso orologi. Accettiamo, così come gli altri “Compro Oro”, anche l’argento”. Circa 25-30 persone alla settimana invece per il “Compro oro” di via Lagomaggio e l’”Euro per Oro” di viale Tiberio, numeri giudicati positivi perché, nonostante anche in questo caso la clientela sia rimasta sostanzialmente stabile nel corso degli anni, garantiscono comunque buone entrate: “Del resto – spiega la titolare di “Euro per Oro” – spesso con una sola persona facciamo il lavoro di un’intera settimana. C’è chi infatti ci porta anche fino a 200-300 grammi di oro alla volta (attualmente un grammo vale circa 40 euro, ndr). Certo, non è ovviamente questo il caso più frequente. La maggior parte delle volte infatti riceviamo quantità ben inferiori, anche solo pochi grammi, oppure argento. Per i clienti ciò significa un corrispettivo in contanti compreso in genere tra 100 e 500 euro”. Un giro d’affari favorito dall’impennata del 40 per cento solo nell’ultimo anno del prezzo del metallo prezioso – una collana che 12 mesi fa poteva ad esempio fruttare 200 euro ora ne vale 400 – ma anche soprattutto dalla crisi galoppante, che spinge sempre più persone a cedere i propri gioielli, la cui valutazione viene peraltro fatta in maniera completamente gratuita, in cambio di denaro immediatamente spendibile. “Ma non bisogna pensare – dice il titolare del “Compro Oro” di via Lagomaggio – che i nostri clienti siano solo persone in difficoltà. Certo queste sono un buon numero, ma non mancano anche avvocati, dottori e rappresentanti del ceto medio più in generale, che non hanno necessità economiche ma che semplicemente ci portano l’oro vecchio di cui non sanno più che fare per potersi poi comprare un rolex”. Anche per la titolare di “Euro per Oro” “la clientela è più variegata di quanto si possa pensare: accanto alle persone finite in cassa integrazione e agli anziani che vogliono integrare le loro misere pensioni, ci sono anche donne e uomini separati che vogliono disfarsi di quei preziosi che ricordano loro l’ex-compagno. Pochi comunque i casi realmente disperati: appena 3 negli ultimi anni. Su tutti una mamma che non sapeva come pagare una delicata operazione al figlio”. Per quanto riguarda l’età, per la maggior parte si tratta di persone adulte o anziane, “anche se – sottolinea la responsabile di “Montedoro” – non mancano neppure i ventenni e i trentenni”.
Dati Istat. Un giovane su tre non lavora. Occupazione ferma a settembre scorsoDati Istat. Un giovane su tre non lavora. Occupazione ferma a settembre scorso
È sempre più allarme disoccupazione in Italia. Sono i giovani e le donne i più penalizzati dalla crisi economica che ha colpito duramente il mercato del lavoro. Un giovane su tre, di età compresa tra i 15 e i 24 anni, non ha un’occupazione. E si tratta solo di coloro che cercano attivamente un posto. La situazione, poi, si fa ancora più grave per le giovani donne del Mezzogiorno: quasi quattro su dieci sono disoccupate.
È dunque preoccupante la fotografia scattata dall’Istat sull’occupazione nel mese di novembre (stime provvisorie) e nel terzo trimestre del 2011. Il tasso di disoccupazione dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni è balzato, a novembre scorso, al 30,1% mettendo a segno un record negativo perché era dal gennaio del 2004, anno in cui sono iniziate le serie storiche mensili dell’Istat che non si registrava un dato così alto. Al Sud il tasso di disoccupazione delle ragazze, nel terzo trimestre dell’anno scorso, è addirittura al 39%.
Prendendo in considerazione i dati del terzo trimestre del 2011, invece, quello che inoltre salta agli occhi è la permanenza nel mondo del lavoro degli over 55 e la contestuale uscita di coloro che hanno meno di 34 anni. Complici i recenti interventi sul fronte delle pensioni, compreso il cosiddetto effetto finestre, i padri restano sempre più a lavoro e i figli escono dal mercato.
Dai dati Istat emerge, infatti, che la mancata uscita degli occupati più adulti (+168mila unità nella classe con almeno 55 anni), soprattutto di quelli con contratto a tempo indeterminato, ha più che compensato il calo su base annua di quelli più giovani (-157mila unità nella classe fino a 34 anni). Ma a colpire è anche il fatto che torna a crescere la disoccupazione di lunga durata. Il tasso di disoccupazione di coloro che cercano lavoro da almeno 12 mesi, infine, raggiunge il 52,6%: si tratta del livello più elevato dal terzo trimestre del 1993 (anno d’inizio delle serie storiche ricostruite).
Per la Uil il quadro emerso dai numeri è «allarmante». «La disoccupazione giovanile a novembre ha coinvolto 30 giovani su 100. Questo dato non ha precedenti da almeno 8 anni, ripercorrendo a ritroso l’evoluzione dei tassi di disoccupazione dei ragazzi», spiega il segretario confederale della Uil, Giuglielmo Loy. Per la Cgil quelli di ieri sono numeri «drammatici». «Un dato che conferma il dramma lavoro fatto di licenziamenti, disoccupazione e precarietà con una voragine impressionante di disoccupati rispetto al trimestre precedente», commenta il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni.
Sul fronte politico da segnalare le preoccupazioni del capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano che parla di «allarme rosso sull’occupazione» con i dati Istat che certificano «un peggioramento della situazione». Mentre per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa «i dati sempre più avvilenti rilevati dall’Istat sulla disoccupazione in Italia, penso in particolare a quella giovanile che oggi supera il 30%, impongono un intervento immediato e deciso per cambiare un sistema che ha dimostrato di non poter più funzionare».
Preoccupazione è stata espressa ieri anche da Paolo Reboani, presidente e ad di Italia Lavoro: «I dati diffusi oggi dall’Istat fotografano una dinamica del mercato del lavoro che inizia a risentire del rallentamento economico in corso. Il fatto che l’occupazione sia sostanzialmente ferma da settembre e che contemporaneamente il tasso di disoccupazione cresca segnala la necessità di azioni che creino un ambiente favorevole alla crescita e alla ripresa delle assunzioni per raggiungere gli obiettivi che l’Italia si è prefissa in sede europea».
«Ciò significa – ha concluso Reboani – intervenire ad ampio spettro su tutte le variabili del mercato del lavoro: da quelle regolamentari a quelle contrattuali a quelle fiscali-contributive, capaci di rilanciare la domanda di lavoro in Italia».
(Fonte Ilsole24ore)
È dunque preoccupante la fotografia scattata dall’Istat sull’occupazione nel mese di novembre (stime provvisorie) e nel terzo trimestre del 2011. Il tasso di disoccupazione dei ragazzi tra i 15 e i 24 anni è balzato, a novembre scorso, al 30,1% mettendo a segno un record negativo perché era dal gennaio del 2004, anno in cui sono iniziate le serie storiche mensili dell’Istat che non si registrava un dato così alto. Al Sud il tasso di disoccupazione delle ragazze, nel terzo trimestre dell’anno scorso, è addirittura al 39%.
Il quadro complessivo, comunque, è negativo per tutti: a novembre l’esercito dei senza lavoro conta oltre 2 milioni di persone, il tasso di disoccupazione sale all’8,6% toccando i valori massimi dal maggio del 2010, quello di inattività è del 37,8% e sono 670mila gli occupati in meno rispetto ad aprile 2008, l’inizio della crisi.
Dai dati Istat emerge, infatti, che la mancata uscita degli occupati più adulti (+168mila unità nella classe con almeno 55 anni), soprattutto di quelli con contratto a tempo indeterminato, ha più che compensato il calo su base annua di quelli più giovani (-157mila unità nella classe fino a 34 anni). Ma a colpire è anche il fatto che torna a crescere la disoccupazione di lunga durata. Il tasso di disoccupazione di coloro che cercano lavoro da almeno 12 mesi, infine, raggiunge il 52,6%: si tratta del livello più elevato dal terzo trimestre del 1993 (anno d’inizio delle serie storiche ricostruite).
Per la Uil il quadro emerso dai numeri è «allarmante». «La disoccupazione giovanile a novembre ha coinvolto 30 giovani su 100. Questo dato non ha precedenti da almeno 8 anni, ripercorrendo a ritroso l’evoluzione dei tassi di disoccupazione dei ragazzi», spiega il segretario confederale della Uil, Giuglielmo Loy. Per la Cgil quelli di ieri sono numeri «drammatici». «Un dato che conferma il dramma lavoro fatto di licenziamenti, disoccupazione e precarietà con una voragine impressionante di disoccupati rispetto al trimestre precedente», commenta il segretario confederale della Cgil, Fulvio Fammoni.
Sul fronte politico da segnalare le preoccupazioni del capogruppo Pd in commissione Lavoro alla Camera, Cesare Damiano che parla di «allarme rosso sull’occupazione» con i dati Istat che certificano «un peggioramento della situazione». Mentre per il segretario dell’Udc, Lorenzo Cesa «i dati sempre più avvilenti rilevati dall’Istat sulla disoccupazione in Italia, penso in particolare a quella giovanile che oggi supera il 30%, impongono un intervento immediato e deciso per cambiare un sistema che ha dimostrato di non poter più funzionare».
Preoccupazione è stata espressa ieri anche da Paolo Reboani, presidente e ad di Italia Lavoro: «I dati diffusi oggi dall’Istat fotografano una dinamica del mercato del lavoro che inizia a risentire del rallentamento economico in corso. Il fatto che l’occupazione sia sostanzialmente ferma da settembre e che contemporaneamente il tasso di disoccupazione cresca segnala la necessità di azioni che creino un ambiente favorevole alla crescita e alla ripresa delle assunzioni per raggiungere gli obiettivi che l’Italia si è prefissa in sede europea».
«Ciò significa – ha concluso Reboani – intervenire ad ampio spettro su tutte le variabili del mercato del lavoro: da quelle regolamentari a quelle contrattuali a quelle fiscali-contributive, capaci di rilanciare la domanda di lavoro in Italia».
(Fonte Ilsole24ore)
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